Cronaca locale

Nella classe di soli stranieri. "Facciamo lezione a gesti"

Le maestre raccontano le difficoltà a insegnare a moldavi e cinesi. E Forza Italia attacca: "Il Comune ha creato una scuola ghetto"

Nella classe di soli stranieri. "Facciamo lezione a gesti"

Dietro ai banchi ci sono bambini egiziani (la maggior parte), moldavi, cingalesi, cinesi, marocchini. L'unica italiana in classe è la maestra. Benvenuti nella scuola elementare di via Paravia, zona San Siro, dove la I A non è più solo «mista» ma conta solo extracomunitari.

La novità di quest'anno è che parecchi sono arrivati in Italia da pochi mesi, da poche settimane e non parlano davvero mezza parola di italiano. Sanno dire solo «ciao». Fino a qualche tempo fa invece i bambini stranieri erano comunque nati in Italia e quasi tutti avevano già frequentato la scuola materna. Ora invece niente.

Ed ecco che le maestre devono reinventarsi il metodo di insegnamento. «Usiamo il metodo dei mimi - spiega un'insegnante - Durante i primi giorni, già solo per far capire ai bambini quando devono sedersi o alzarsi mimiamo il “su“ e il “giù“. E poi ci aiutiamo con le immagini, per arrivare poi a insegnare l'alfabeto figurato e applicare il metodo tradizionale, come in una prima elementare qualunque». Ovviamente i tempi di apprendimento sono un po' più lenti. «Noi cerchiamo di fare il possibile e di gettare delle buone basi. Certo, se questi bambini fossero distribuiti in classi con la maggioranza di alunni italiani, sarebbe tutto più facile anche per loro».

Il primo giorno di scuola è stato un suk di popoli, tradizioni e lingue. I bambini più grandi hanno accolto i piccoli e li hanno fatti cantare, li hanno messi a loro agio. Tuttavia, inizio a parte, l'anno non è semplice da gestire. «C'è un continuo via vai» racconta una maestra. Qualcuno abbandona la scuola dopo qualche mese, si trasferisce con la famiglia, qualcun altro arriva, spaesato. E bisogna ricominciare ogni volta».

I figli egiziani delle famiglie più facoltose si iscrivono alla scuola araba «Nagib Mahfuz», a pochi metri da via Paravia. Tanti altri stranieri stanno iniziando a confluire all'istituto Cadorna di via Dolci. Che da parecchi è ritenuto «il nuovo caso Paravia», dove tra qualche anno gli alunni extra comunitari saranno più di quelli italiani. «Però - fanno notare in via Paravia - nell'istituto di via Dolci - gli stranieri vengono distribuiti nelle classi italiane e suddivisi in piccoli gruppi. Questo rende più facile l'inserimento».

E poi ci sono i genitori. I papà, per questioni di lavoro, parlano un po' di italiano. Le mamme no. Spesso nemmeno una parola. Per questo sono già partite le iscrizioni ai corsi per adulti. Ma l'alfabetizzazione non è sufficiente.

«La verità - denuncia il consigliere di zona di Forza Italia Alessandro De Chirico - è che i progetti di integrazione tanto conclamati dall'amministrazione comunale rimangono sulla carta. Quella scuola è così da tanti anni. Anzi, è solo peggiorata». Mentre dall'assessorato alla Scuola di Francesco Cappelli comunicano che «in via Paravia tutto procede serenamente e ci sono progetti ad hoc per l'istituto», il consigliere azzurro denuncia che «parecchie iniziative a supporto dei docenti sono state solo annunciate ma sono rimaste in sospeso». De Chirico accusa il Comune di «aver creato un ghetto in zona San Siro. Siamo tornati al Quadrilatero della paura, come veniva definito negli anni Ottanta». «Cerchiamo di capire perché i pochi genitori di bimbi italiani non mandano i figli in quella scuola. Pensiamo a delle premialità per chi rimane.

Altrimenti l'integrazione rimane solo a parole e creiamo delle banlieu milanesi».

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