Cronaca locale

Ebola, a Milano dieci falsi allarmi

I presunti infettati sono stati portati all'ospedale Sacco. L'esperto: «Il nostro non è un Paese a rischio»

Ebola, a Milano dieci falsi allarmi

«Se ci fosse una roulette dove il rosso rappresenta l'ipotesi che in Italia non arriveranno casi di ebola, e il verde il contrario, ovvero che noi potremmo avere una presenza del virus, io scommetterei sul rosso». Ad affermarlo è l'infettivologo Giuliano Rizzardini, direttore dell'Unità operativa del reparto Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, che fino ad ora è stato allertato dal panico con dieci presunti infettati, poi rivelatisi solo contaminati da un forte spavento.

«Cominciamo col scartare per l'Italia il nome «epidemia», caso mai potremmo avere un'infenzione, ma vedo molto poco attendibile anche quella, perché abbiamo poco a che fare con soggetti provenienti dalle aeree più a rischio, ovvero: la Nigeria, che tra qualche giorno sarà dichiarata zona non più pericolosa, la Liberia, la Sierra Leone e la Guinea Canacri. Dobbiamo fare una virata e uscire dal panico. Siamo arrivati al punto che oggi ogni persona di colore può essere un pericolo: no, questa è solo paura e disinformazione».

Giuliano Rizzardini prega di tener presente due regole. La prima: ebola non è né l'Africa, né l'Africa occidentale, ma solo quei paesi sopra citati. La seconda: si può temere d'avere il virus solo se si è stati in quelle zone nelle tre settimane precedenti alla manifestazione dei sintomi, visto che il virus agisce dal secondo al ventunesimo giorno. I sintomi sono: febbre, diarrea, emicrania, dolori muscolari.

«Dei casi che abbiamo ricevuto solo una donna era la più sospetta. Veniva dalla Guinea, ma quando ci ha detto che era già trascorso un mese dal suo soggiorno abbiamo capito che non poteva essere ebola. Avrebbe agito prima. Noi ci stiamo preparando al massimo, con simulazioni della malattia in alcuni soggetti, con una sperimentazione certosina. Vorrei che la popolazione si tranquillizzasse e soprattutto che i mezzi di informazione non siano così approssimativi come sono stati fino ad ora».

I primi casi di Ebola si sono registrati nel 1976. Come mai da allora non si è fatto nulla per cercare una cura? «Perché è una malattia dei paesi più poveri e nessuno si sarebbe mai aspettato che potesse arrivare in Occidente, dove oggi giunge per la rapidità dei mezzi di trasporto. Altra cosa da sfatare. Ebola non può arrivare dai barconi, perché visto il lungo tragitto che le persone devono compiere prima di arrivare qui muoino prima d'approdare sulle nostre coste». La Nigeria sta arginando l'epidemia, quindi, viste le nostre possibilità sanitarie secondo Giuliano Rizzardini, è davvero improbabile che l'epidemia si diffonda sul nostro territorio.

Come si trasmette il virus? Forse è già stato scritto, ma ripeterlo giova. Si trasmette tramite contatti diretti, attraverso pelle con ferite, o mucose e membrane, sangue e fluidi di una persona già ammalata. I fluidi sono: urina, saliva, feci, vomito, liquido seminale. Il contagio può avvenire anche con aghi e siringhe contaminate dal virus. Il malato è contagiso quando la malattia si manifesta, non quando è in incubazione.

Ai pazienti viene consigliata l'astensione dai rapporti sessuali per almeno tre mesi, perché tracce di Ebola sono state riscontrate nel liquido seminale di ex contagiati sino a tre mesi dopo.

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