Cronaca locale

"Ecco le mie Geografie. La musica di MiTo è un viaggio tra culture"

Il direttore artistico racconta il suo festival: «Un privilegio ospitare Mehta e la Argerich»

"Ecco le mie Geografie. La musica di MiTo è un viaggio tra culture"

Viaggiare con la musica nello spazio per scoprire luoghi, tradizioni e linguaggi che hanno segnato le diverse culture del mondo. È «Geografie» il tema dell'edizione 2019 del Festival MiTo SettembreMusica, in programma dal 3 al 19 settembre a Milano e Torino (128 appuntamenti in tutto). Un'occasione per esplorare il repertorio delle diverse scuole nazionali che hanno segnato la storia della musica, accanto alla produzione contemporanea di compositori figli del nuovo nomadismo transnazionale. Un cartellone dal tema attuale che indaga territori fisici dall'Europa alle Americhe fino ai paesi del Sol Levante. Ancora una volta alla presidenza del festival c'è Anna Gastel e alla direzione artistica di Nicola Campogrande, che ha riposto ad alcune domande.

Dopo il MiTo sulla «danza»: le «Geografie». Quale logica guida la scelta dei temi?

«La musica classica vive nel mondo, non sulla luna. E avere un tema unificante, forte, costringe i musicisti a ricordarselo, rintracciando i percorsi che hanno spinto i compositori a scrivere, interrogandosi su come va eseguita oggi la musica del passato, chiedendosi quali sono le specificità che devono segnare ogni interpretazione. Scelgo dunque il tema generale, che cambia di anno in anno, cercando qualcosa che serva da stimolo, per gli interpreti e per il pubblico, così da rinnovare il piacere della musica classica».

Quali appuntamenti da non mancare?

«Dal 2016 a Milano e Torino i concerti sono assolutamente gli stessi nelle due città, cosa che genera un grande distretto musicale, durante il festival, con un ampio territorio che risuona, per così dire, all'unisono».

Quali sono i «pezzi forti» del festival: interpreti, orchestre, un inedito...

«Poter ospitare gli ultimi concerti italiani di Zubin Mehta alla testa dell'Orchestra Filarmonica di Israele, prima che il maestro abbandoni l'incarico di direttore principale della formazione, ai quali si aggiunge Martha Argerich come solista è senz'altro un privilegio. Ma lo è anche ascoltare l'Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo diretta da Yuri Temirkanov che, oltre a Mahler, esegue in prima italiana il Larghetto di James MacMillan, che sarà presente in sala. O le sorelle Labèque con l'Orchestra dei Pomeriggi Musicali, o l'orchestra barocca Les Talens Lyriques con Christophe Rousset direttore e cembalista, o Mario Brunello con il Coro del Friuli Venezia Giulia, o Giovanni Sollima in un recital solistico. Costringermi a scegliere è una crudeltà».

Quest'anno parecchia musica contemporanea. Quali autori segnala a cui prestare maggiore attenzione?

«La musica classica del presente vive un momento splendido. Dopo le amarezze delle passate avanguardie, oggi è pieno di compositori che scrivono musica bellissima, trascinante, vitale, capace di esprimere la contemporaneità senza intenti punitivi. Io non faccio che aprire gli occhi e le orecchie, durante la preparazione del festival, e cerco insieme ai musicisti invitati le pagine più forti, più intense, da presentare al pubblico. Tra tutte: lo è senz'altro il brano che abbiamo commissionato a Philip Glass, Perpetulum, che il gruppo dei Third Coast Percussion, da Chicago, proporrà in prima esecuzione europea».

Nonostante festival come MiTo (e molte proposte durante l'anno), perché il sistema musica continua a essere in crisi? Oppure vede cambiamenti?

«Che ci sia un desiderio di ascoltare (e di scrivere, e di suonare) musica classica è fuor di dubbio. MiTo registra regolarmente il sold out per la maggior parte dei propri concerti, e le stagioni milanesi e torinesi, in genere, vanno bene. Poi, è vero, c'è una curiosa disattenzione generale del Paese nei confronti della musica classica. Credo che il primo governo nazionale che se ne renderà conto, e destinerà più risorse al sistema, farà una cosa buona e giusta, per il Pil e per il benessere di noi tutti».

In generale come vede la «piazza milanese»?

«Milano è una città giustamente esigente. Attenta, curiosa, sa riconoscere l'offerta di qualità. Lo si sente dagli applausi che festeggiano le belle esecuzioni. E, non a caso, gli interpreti sono sempre felici di ritornare qui a suonare».

I progetti di Nicola Campogrande: sul piano compositivo ed editoriale

«Il 20 luglio debutta la mia «Missa Vox Dei», per coro e orchestra, commissionatami per Matera Capitale della Cultura. Il primo settembre sarò al Festival Enescu di Bucarest per la prima rumena del mio «R» per pianoforte e orchestra.

E intanto sto scrivendo la mia Prima Sinfonia, che verrà battezzata in Russia nel 2020, mentre il mio Concerto per pubblico e orchestra prosegue la sua strada nei prossimi mesi è in cartellone a Lubjana, a Palermo, a New York, a Belfast».

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