Cronaca locale

Fioriscono i partiti in Consiglio. Il caso-Parisi: deve avere le firme?

Cambi di nome a sinistra in vista del voto. Spuntano tre Gori

Mancano 7 settimane e mezzo al voto e nuovi gruppi fioriscono in Regione, esonerando le liste dal gravoso impegno di raccogliere le firme. Adesso nell'attuale geografia del Pirellone si possono individuare 13 gruppi, almeno tre dei quali nati (o ribattezzati) pochi giorni fa, in vista delle elezioni regionali. L'area dell'ex sindaco Giuliano Pisapia sostiene la candidatura Pd di Giorgio Gori. Quindi «Insieme per la Lombardia» (il gruppo dell'ex Sel Chiara Cremonesi) ha chiesto di cambiare il nome in «Lombardia progressista-Sinistra per Gori». Poi c'è la formazione nata dalla lista dell'ex candidato Umberto Ambrosoli, il «Patto Civico» presieduto da Roberto Bruni, che ha chiesto di chiamarsi «Gori presidente». Ancora, in area Pd è nato «Obiettivo Lombardia per le autonomie con Gori», presieduto da Corrado Tomasi, un consigliere Pd della Bergamasca che ha sempre fatto «squadra a sé», anche sull'autonomia, fino al paradosso che il titolare di un gruppo consacrato alle autonomie è stato l'unico Pd che il 7 novembre ha votato contro il documento preparato per permettere al governatore Roberto Maroni di avviare il negoziato con Roma, dopo il referendum del 22 ottobre. Infine il gruppo «Civica popolare», che è presieduto da Angelo Capelli, l'unico degli ex «Lombardia popolare» che ha deciso di seguire Beatrice Lorenzin nell'avventura della «Peonia», il cartello elettorale che raggruppa - a partire da Alternativa popolare, gli ex Ncd - tutte le sigle centriste disposte ad allearsi col Pd di Matteo Renzi a Roma, e dunque con Gori in Lombardia.

Poi c'è il caso Parisi. L'ufficio di presidenza del Consiglio - lo ha chiarito ieri il Pirellone - sta conducendo «ulteriori approfondimenti giuridici» sulla vicenda del gruppo consigliare «Energia per l'Italia» per decidere se il movimento di Stefano Parisi, potrà presentare la lista senza raccogliere 20mila firme. Il gruppo «Epi» si è sciolto con una comunicazione del 5 gennaio, sulla defezione di due consiglieri (l'unico rimasto, Alberto Cavalli, non basta a tenere in vita il gruppo che deve essere composto da almeno tre eletti). Proprio il 5 gennaio sono state convocate le elezioni. Ma la comunicazione dei consiglieri è stata protocollata l'8 gennaio. Se valesse questa data, la comunicazione sarebbe arrivata «non più nei termini previsti dalla norma».

Il nodo interpretativo sarà sciolto domani.

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