Cronaca locale

Formigoni-Gelmini, lite sui numeri

Formigoni-Gelmini, lite sui numeri

È guerra di numeri tra Roberto Formigoni e Mariastella Gelmini in vista del consiglio nazionale di sabato 16 novembre. La Lombardia è una regione speciale per il Pdl in via di ritorno a Forza Italia. E non solo perché è la casa di Berlusconi, ma perché è da sempre una delle roccaforti del partito. Basti pensare che degli ottocento membri del consiglio nazionale, novantotto arrivano dalla Lombardia. Così, nella conta di chi sta con chi, capire quali sono gli equilibri diventa più che mai importante. Falchi e colombe, lealisti e innovatori, berlusconiani e alfaniani devono passare dal conteggio delle truppe lombarde. E qui i lealisti sono molto più forti.
Il documento Berlusconi può già contare su 73 firme, alcune inattese o almeno incerte. Settantatré delegati al consiglio nazionale hanno messo la propria firma sotto la decisione dell'ufficio di presidenza di tornare a Forza Italia e azzerare tutte le cariche, affidando al presidente, Silvio Berlusconi, la totale riorganizzazione del partito.
Sarà anche per questo che Roberto Formigoni, ex presidente della Regione, nelle sue nuove vesti di ribelle filogovernativo, diffonde numeri che hanno anche la funzione di gettare scompiglio: «In Lombardia dove, ahimè, abbondano falchi e pitonesse, il nostro documento Innovatori Pdl ha già raccolto la firma del 40% di membri del consiglio nazionale». Cioè quaranta firme. Percentuali contestate dall'ex ministro Mariastella Gelmini, impegnata a fianco dei vertici regionali nella raccolta di firme a sostegno del documento Berlusconi. «In Lombardia oltre il 70% dei delegati ha scelto di stare con Berlusconi. Formigoni millanta il 40% delle firme. Che tristezza!» ribatte la Gelmini. Ma la contesa non si ferma qui, perché Formigoni insiste: «Povera stella, la nostra Gelmini, che nella concitazione di questi giorni non sa più fare i conti. Ma poiché noi abbiamo il 40%, loro non più del 60». Ancora Gelmini: «Il 16 novembre vedremo chi sa contare».
A mettere il sigillo ufficiale arriva il coordinatore regionale, Mario Mantovani: «Posto che in Lombardia il sostegno alla delibera dell'ufficio di presidenza è stato sottoscritto dal 75% degli aventi diritto, trovo difficile che altri possano avere raccolto il 40% di adesioni su un documento alternativo. Fino a prova contraria, la matematica non è un'opinione».
Non sono mancate le sorprese. In consiglio regionale gli equilibri sembravano a favore del gruppo vicino a Cl, che ha eletto il capogruppo con 11 voti su 19. Però, al momento decisivo, due consiglieri hanno firmato il documento Berlusconi, ribaltando gli equilibri: Giulio Gallera e Alessandro Sorte. Gallera, coordinatore cittadino, spiega: «È in corso una grave aggressione verso il nostro leader, che va difeso. E anche il governo è deludente». Ha firmato il documento Berlusconi Dario Allevi, presidente della provincia di Monza. E il sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, come l'europarlamentare Lara Comi. Entrambi intendono presentare un documento dei trentenni per una «terza via».
In tutto 73 firme. E un gruppetto, tra cui Antonio Tomassini, che non ha firmato per Berlusconi né per Alfano. «Agli alfaniani ne sono rimaste una ventina, tutte quelle che mancano all'appello, e sono gli esponenti vicini a Cl» dicono da viale Monza.

Non hanno firmato il documento, oltre a Formigoni e ai formigoniani, Alessandro e Francesco Colucci e il ministro Maurizio Lupi.

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