Cronaca locale

Al Forte Michelangelo scoprì il marmo perfetto da scolpire

Gita in Versilia, divenuta capitale del turismo soltanto tra le due guerre: natura e piatti di mare il suo segreto

Roberto Perrone

Il suo nome evoca vacanza, mare, pantaloni bianchi da tirare fuori che è già estate, dolce vita, paparazzi, musica. Però Forte dei Marmi prima di ville, grandi alberghi e russi in libera uscita, era una zona paludosa pressoché disabitata. Fu Michelangelo Buonarroti a dare il primo impulso all'area, nella prima metà del Cinquecento per incarico del papa mediceo Leone X, tracciando la strada per il trasporto dei marmi dalle Alpi Apuane al mare. Da un pontile e da un magazzino comincia una storia che arriva fino a noi. È giusto quindi iniziare l'ultimo percorso del Viaggiatore Goloso (prima delle sue meritate e golose vacanze), dalle cave del monte Altissimo dove Michelangelo, nel 1517, trovò il marmo ideale che definì «di grana unita, omogenea, cristallina», e lo paragonò allo zucchero. Fu il primo ma non l'ultimo grande scultore a servirsi qua. Più recentemente citiamo Auguste Rodin, Henry Moore e Joan Miro.

Dopo le bonifiche di fine Settecento nella zona si stabilirono pescatori, operai del marmo e contadini. Nel 1788 fu completato il Forte. I primi timidi accenni di turismo a fine Ottocento, poi tra le due guerre ecco industriali, nobili e intellettuali. Con il boom economico degli anni '50 Forte dei Marmi diventa il Forte. Piacere e divertimento, ostentazione e griffe, gusto e vacanze, tradizione, glamour, struscio. E buona cucina. Cominciamo con una ricca colazione alla pasticceria Angelo che non è vicina al mare, ma è irrinunciabile per la famosa crostata con crema pasticcera e fragoline di bosco, per brioche e girandole all'uvetta, panini farciti e pizzette. A proposito, da Valè generazioni di vacanzieri si sono messi in fila per focaccine, bomboloni, e pizza al taglio. Ben rifocillati possiamo affrontare la visita del parco della Versiliana, polmone verde del litorale, con i suoi 800mila metri quadrati di flora e fauna: lecci e pini, tartarughe e gallinelle d'acqua, il sottobosco buio e inestricabile e le radure. Attorno alla Villa, imponente costruzione a tre piani edificata nel 1886 da Marianna Ginori Lisci Digerini Nuti, si dipana «La Versiliana», uno dei contenitori culturali più importanti del Paese.

Non si può venire al Forte senza conoscere Lorenzo (Viani) che, come il suo omonimo parente, pittore, scultore e scrittore, protagonista delle avanguardie culturali del primo Novecento, è un artista della ristorazione e dell'accoglienza made in Forte, misto di ruvidezza e ironia. Ora lo affianca la figlia Chiara. Da trattoria a ristorante famoso per famosi e no, uniti dalle sue prelibatezze: sandwich di triglia e scarola su gazpacho di pomodoro verde, le storiche bavette al pesce e il bollito misto di crostacei e pesce bianco con maionese espressa. Dai Parmigiani, classe 1952, è un altro storico indirizzo: da punto vendita di salumi e formaggi, a negozio dove, accanto a prodotti enogastronomici del territorio, si trovano anche primizie internazionali.

Il cuore del Forte è la spiaggia. Qui i bagni vanno a ritmo continuo anche con la cucina. Da Vittoria ci garba perché non è modaiolo e si possono mangiare piatti semplici e gustosi, giusti, come le acciughe o dei perfetti spaghetti con le arselle. Invece Gilda, anche per la sua ragione sociale, non si chiama bagno ma «beach club», è un po' più «impegnativo». Bello. Ha anche una Villa con alcune suites. Al ristorante troviamo calamaretti spillo al vapore e asparago bianco con pane croccante al limone e gnocchi di patate con gamberi e pomodorini freschi.

Si è fatta sera, per un aperitivo scegliamo Pesce Terrazza, sul tetto del frequentatissimo Pesce Baracca. Finale in gloria in uno dei luoghi del cuore del Viaggiatore Goloso, l'hotel Byron gioiello della collezione di Salvatore Madonna. Un'oasi nelle turbinose estati del Forte. Bellissimo hotel con una storia da ascoltare e un presente da vivere, magari di sera, a bordo piscina con la cucina stellata del Magnolia di Cristoforo Trapani e la sua filosofia fusion «tosco-campana»: linguine di Gragnano, calamari fritti, provola affumicata e limone di Sorrento; rombo alla mugnaia, asparagi di mare, bottarga di tonno rosso; pollo di Laura Peri «dalla testa ai piedi», salsa cacciatora ed erbe di campo; limone di Sorrento e fior di latte, cardamomo e liquirizia. E a fine menu un esaltante spaghetto al pomodoro.

A me mi piace assai.

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