Cronaca locale

«Genda», rivista di fotografia che viaggia tra Italia e Cina

Il magazine è al terzo numero, testo ridotto e bilingue In 150 pagine, scatti provocatori e di grande impatto

Simone Finotti

La carta è ruvida, la foto sgranata, ma il soggetto si riconosce a colpo d'occhio, e ammettiamolo, è un po' inquietante: un esile cinese appisolato in uno scompartimento di una carrozza ferroviaria. Tutto quasi normale, non fosse che l'uomo è rannicchiato, come un contorsionista, con la testa infilata fra le gambe sottili ripiegate all'indietro. Nello scatto accanto, un altro strano tipo dorme con la testa avvolta in una sciarpa che lo lega al sedile. E poi macchine parcheggiate su tappeti, venditori di scarpe allineate sul cofano dell'automobile. «Appena arrivata in Cina mi stupivo ogni due minuti. Vedevo cose strane e le fotografavo. È nata così l'idea di Genda Magazine», ricorda Silvia Ponzoni, giovane chief editor della rivista insieme all'editore Amedeo Martegani, che cura la stampa attraverso a+mbookstore. Originaria dell'hinterland milanese, risiede da 4 anni a Shangai, dove è volata per lavoro dopo gli studi a Brera. Insieme ad altri fotografi di tutta Italia, da un paio d'anni ha dato vita a Genda, una start-up già molto nota nell'ambiente: 150 pagine di fotografia pura, spesso provocatoria ma sempre frutto di una selezione attenta e informata.

Testo inglese e cinese, ridotto all'essenziale. La rivista è tematica e non ha una periodicità definita. «Quando siamo pronti, usciamo». Nel progetto, sviluppato graficamente da Teresa Piardi, sono coinvolti fotografi e curatori come Alessandro Calabrese, Alan Grillo Spina, Fan Shi San, Gaime Meloni, Alessandro Dandini De Sylva, Ezio D'Agostino, Stefano Graziani, The Cool Couple (Niccolò Benetton e Simone Santilli), Mariagrazia Costantino, Sara Dulbecco, Andrea Pertoldeo, Alba Zari, Carlo Sala e Alberto Sinigaglia. È quest'ultimo a parlarci delle prime due uscite: «Il numero zero, maggio 2015, era dedicato ai paesaggi ed è già esaurito».

Un anno fa è uscito il numero 1, «Body as packaging», esplorazione inconsueta del corpo-oggetto che ha avuto subito un enorme successo. «La rivista è divisa in due parti: nella prima ospitiamo i contributi dei vari fotografi uno dopo l'altro; la seconda è una sorta di caos organizzato in cui i vari scatti dialogano tra di loro. Ricercata anche la tipologia della carta». E la scelta dei collaboratori? «Siamo noi a contattarli, dopo aver studiato i loro lavori, a seconda delle tematiche», dice Silvia. In cantiere il numero due, che poi è il terzo della serie: «Stiamo ragionando sull'accumulo seriale, su spunto di un fotografo francese che ha realizzato un repertorio sterminato a partire da negativi buttati in discariche cinesi». Anche il nome Genda ammicca all'Estremo Oriente: «È la trascrizione di un intercalare colloquiale cinese che significa Davvero!, usato nei discorsi come il nostro cioè». La rivista, 15 euro, è distribuita in bookshop, musei e gallerie. A Milano si trova da Armani libri, online su www.artecontemporanea.com, e in Cina. www.gendamagazine.

com.

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