Cronaca locale

Giacomo, il pioniere toscano: "Ho preso Milano per la gola"

A 94 anni, Ambrogino d'oro, ha conquistato la città. Da giovane lavapiatti a un impero di otto ristoranti

Giacomo, il pioniere toscano: "Ho preso Milano per la gola"

Nella capitale del food e dei cuochi stellati è fondamentale, di tanto in tanto, fare il punto per capire da dove siamo partiti, chi ha tracciato il solco, e anche chi ha saputo resistere alle mode. Parlando di «irriducibili», l'Oscar alla carriera andrebbe senz'altro a un cuoco che, nato sulle colline toscane e sbarcato a Milano negli anni '50, in mezzo secolo ha saputo costruire un impero gastronomico (ed economico) basato solo sulla grande tradizione italiana. Cioè «sulla nostra alta cucina», direbbe la buonanima di Gualtiero Marchesi. Giacomo Bulleri, meglio conosciuto a Milano come «Giacomo», oggi ha 94 anni, ha mollato i fornelli ma non certo sogni e idee che proprio nell'ultimo quarto di vita hanno visto ampliare e moltiplicare le sue proposte di ristorazione. Uno spirito combattente che, non certo a caso, gli valse nel 2015 l'Ambrogino d'oro come ambasciatore della ristorazione sotto la Madonnina. Le stelle, così come le guide, non gli sono mai interessate. Ma ciò non gli ha impedito di anticipare i tempi, di andare sempre avanti «guardando sempre indietro». Così è stato quando conquistò palati illustri come quello di Indro Montanelli con una cucina toscana che negli anni '60 vedeva a Milano pochi altri pionieri come L'Assassino, Alla Collina Pistoiese e lo Stenterello; «a quei tempi - ricorda - il mercato ce lo spartivamo noi toscani e le trattorie venete, oggi completamente sparite...».

Così è stato anche per il pesce quando, negli anni '90, la Trattoria Giacomo si trasferì da via Donizetti a via Sottocorno, dov'è tutt'oggi. Anche in quell'occasione, l'uomo di Collodi bruciò le tappe di quella che sarebbe diventata la capitale del pesce più fresco d'Italia, a parimerito con pochi altri ristoranti in città, come Al Porto e A' Riccione. La sua cucina, fatta di tradizione e materie prime solo di altissima qualità, divenne presto meta privilegiata di vip e personaggi, da Marella Agnelli a Gianni Versace, da Mike Buongiorno ai Moratti. «Sono bugiardo perchè sono di Collodi come Pinocchio», scherza sulle pagine del suo libro «Ricette di vita» (ed. Bompiani), un vero abbecedario per chi vuol conoscere i segreti di un mestiere cominciato da chi, giovanissimo, vi si approcciò come lavapiatti. Pagine ricche di aneddoti e fotografie che raccontano la sua grande avventura in una Milano che non c'è più. Ma che Giacomo ha saputo sempre leggere e interpretare anche quando, lasciati i fornelli, ha nuovamente bruciato i tempi capendo prima di altri che il futuro di un brand, anche nella ristorazione, è nella sua diversificazione. E così, brillantemente affiancato dalla figlia Tiziana e dal genero Marco Monti, il nuovo millennio lo ha visto inaugurare lo scenografico Giacomo all'Arengario, il parigino Giacomo Caffè a Palazzo Reale, mentre in via Sottocorno nascevano prima l'elegante Giacomo Bistrot, poi la «Rosticceria» che propone piatti della gradizione meneghina, poi la Pasticceria e perfino una «Tabaccheria» per aperitivi e light lunch con prodotti in vendita marchiati Giacomo, dall'olio toscano al panettone.

A 94 anni, dopo un'ultima apertura nella sua Toscana a Pietrasanta, ancora non desiste a bazzicare i tavoli dei suoi locali e a studiare la clientela perchè chi dorme, lui lo sa, non piglia pesci.

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