Cronaca locale

Il giornalista personal chef «Le cene? Scritte su misura»

Giorgetti intervista i clienti, poi propone menu ad hoc «La mamma ci imponeva i piatti, così ora inventiamo»

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Michele Vanossi

Per necessità, per volontà, per fortuna o forse un po' per caso accade, molto più spesso di quanto si possa pensare, che le passioni si trasformino in nuove professioni.

Per esempio è successo al giornalista professionista Giorgio Giorgetti, ora diventato pure personal-chef. Dopo avere scritto per anni di enogastronomia e di altri argomenti ha deciso, pur non lasciando la scrittura per i media, di dedicarsi soprattutto alla cucina. Il suo curriculum è frutto di un impegno che l'ha portato a conseguire negli anni Ottanta un certificato Ais come sommelier, poi l'attestato rilasciato dalla Federazione Italiana Personal Professional Chef. Attestati anche ottenuti frequentando stages e corsi e numerosi locali. Risultato: Giorgetti è arrivato al punto di poter offre consigli pratici, ricette e curiosità sul mondo della cucina attraverso i suoi canali social Facebook e Instagram. Qualche domanda consente di conoscerlo meglio. Prima di tutto, ovviamente, la sua attività. «Si tratta di un progetto che considero innovativo, si chiama Cucino di te; un servizio di cucina a domicilio per cene intime (anche per una sola persona); mi posso occupare di occasioni speciali e tavolate in varie zone della Lombardia: Milano, Varese, Como, Lecco. Mi sposto anche nelle zone lacustri e nel Canton Ticino». E ancora.

La novità sta nella personalizzazione del menù; «non possiedo un repertorio di piatti jolly da proporre o già pronti - spiega - ogni cliente deve avere qualcosa di unico, perfetto ed irripetibile». La peculiarità è quella di proporre menù scritti e ideati da zero prendendo elementi e spunti dalla storia, dalla personalità, dalle esigenze, dai sogni del cliente. Al centro di tutto sta l'individuo, «non la mia cucina», ci tiene a precisare. Tra i piatti che hanno avuto più successo: le tagliatelle ai porcini e frutti di bosco, tonno tataki su bufala tiepida, carbonara asparagi e arachidi, budino limone e mandorle. Qual è l'iter per realizzare una cena o un pranzo? «Per focalizzare l'obiettivo dell'esperienza gastronomica desiderata e prima di scremare le varie idee mi baso molto sulle storie di vita dei clienti; li intervisto e li faccio parlare a 360° su ciò che si aspettano, sulle loro emozioni, sulle passioni, sui ricordi - continua -. Realizzo una sorta di intervista gastronomica da cui evincere l'identikit della persona che ho davanti. Con questa procedura sono in grado di realizzare dei menu partecipati, idonei a varie occasioni: cene romantiche, compleanni, anniversari di nozze e cene di laurea. Mi piace l'idea che il cliente si possa sentire libero da qualsiasi vincolo e che possa scegliere piatti e preparazioni che lo incuriosiscano». Un'idea, la sua, nata per «rispondere» a una considerazione: in genere c'è sempre qualcuno che per tutta la vita decide per noi cosa dobbiamo mangiare. La mamma e la famiglia in primis impostano i gusti; scuola e lavoro impongono menù di mense, bar. I ristoranti mettono davanti una lista di piatti che non si possono certo sconvolgere. «L'idea del classico personal chef che ti porta il ristorante a casa mi infastidiva - spiega Giorgetti - Probabilmente perché io avrei da sempre voluto qualcuno che cucinasse qualcosa che fosse solo mio, non replicabile per altre persone. Da qui il concept da me inventato».

Non è sicuramente una passeggiata interpretare e realizzare piatti ad hoc. Non tutto fila sempre liscio, ma al personal-chef piace accettare le sfide: «Se prometti libertà totale, alla fine devi mantenere sempre la promessa. Possono infatti arrivare richieste, e impreviste: una coppia, dopo anni di matrimonio, ricordava una magnifica cena romantica gustata durante il fidanzamento a Varsavia e mi ha chiesto di ricrearla uguale a casa propria». Il risultato: «Perfetto, una cena polacca emozionante e ben servita». Ma la paura di non riuscire nell'intento può capitare.

«Cucinare per me è come scrivere un racconto senza il timore della pagina bianca ma cercandone il brivido».

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