Cronaca locale

I buchi neri delle società pubbliche

Dall'Amsa che paga uffici che non usa, ai dipendenti dell'azienda voluta da Penati «riciclati» per Expo

I buchi neri delle società pubbliche

Quante sono le partecipate a Milano? Secondo le liste stilate da Carlo Cottarelli, Commissario alla revisione della spesa che si è basato sui bilanci 2012, sono 165. Sono tutte quelle aziende con capitale pubblico, tutto o in parte, e sede nel capoluogo lombardo. Quelle almeno che hanno reso disponibili i bilanci. Le partecipate di Comune, Regione e Provincia sono invece 44, rispettivamente 16, 21 e 7.

Seguendo le linee di Cottarelli nel grafico sono divise in tre gruppi: da una parte quelle non operative e con patrimonio nullo o negativo, poi quelle che non creano soldi per ogni denaro investito o almeno non lo perdono, infine quelle produttive. Queste ultime sono la maggioranza, ma spesso i risultati sono frutto di artifici contabili. Ad esempio, semplifichiamo, la partecipata necessita di 100 euro per chiudere in attivo e due mesi prima della fine dell'anno contabile l'ente controllante le chiede un servizio da almeno 100 euro.

Nella prima categoria, ad esempio, c'è la Milano Metropoli spa agenzia di sviluppo, partecipata da Provincia di Milano, Camera di Commercio di Milano, e alcuni comuni del nord Milano. Sul sito della società si legge che l'«Agenzia di Sviluppo Milano Metropoli SpA è in liquidazione ma è prevista la continuità dei progetti in corso e delle attività di supporto alle imprese dell'Incubatore Lib». Quindi nemmeno dopo essere «morta» due anni fa, la partecipata è sparita davvero: resta ancora in piedi il suo Laboratorio Innovazione Breda, un edificio di 4.500 metri quadrati in cui hanno sede alcune piccole aziende. Il Comune di Sesto si è messo di traverso: il Lib deve restare aperto e da due anni la società è in esercizio provvisorio.

Intanto alcuni dei suoi vecchi dipendenti e manager, dopo aver lasciato un cadavere contabile su cui esiste un'ampia documentazione, si sono riciclati per Expo: nell'organigramma di Bic La fucina, uno dei pezzi di Milano metropoli, lavorava Chiara Pennasi, come anche il potente ex braccio destro di Filippo Penati, Fabio Terragni. La signora è stata già indicata dal quotidiano il Giorno , con suo disappunto, come «pupilla» dello stesso ex presidente della Provincia di Milano. Oggi è direttore della Fondazione Triulza che gestisce le attività di uno dei padiglioni di Expo 2015. E con lei si sono trasferite Pilar Sinusia, Alessandra Mambriani e Daniela Rabuffi. Tutte persone che lavoravano nella fallimentare esperienza di Milano metropoli, una creatura di cui i penatiani hanno fatto ciò che hanno voluto per anni. Compreso distribuire compensi e consulenze. E se parte della documentazione di Milano metropoli è già stata portata, secondo i rumors, all'attenzione dei magistrati contabili, intanto un pezzo dell'esposizione è in mano agli ex penatiani.

E per per le partecipate con un rendimento negativo rispetto al capitale investito, quelle del secondo gruppo, non va meglio. Tra queste alcune sono legate proprio ad Expo 2015. Forse con il 2015 si invertiranno radicalmente i segni negativi, ma per ora i rendimenti di Arexpo, Expo 2015 spa o Metro 5 spa sono tutti con il segno meno davanti.

Resta comunque in posivo invece oltre la metà del totale, anche se alcune con Roe davvero minimi. Ci sono però anche conti di cui non si è sicuri perché i dati relativi alle liste di Cottarelli si riferiscono al 2012. Per questo, ad esempio, i soldi investiti in Amsa all'epoca erano un ottimo affare visto che aveva un Roe fissato a 33,45. E la società poteva contare sui proventi di alcuni suoi impianti come l'inceneritore, poi passato ad A2A ambiente. O il centro per riciclare il vetro, ora inattivo dopo che la società milanese ha speso 15 milioni di euro per costruirne uno a Asti. Peraltro vicino a una multinazionale che in sostanza è il monopolista del settore. E nel frattempo si sono accumulati sprechi come il doppio direttore, caso molto raro persino guardando solo al mondo delle società parte della galassia A2A. O gli uffici vuoti per cui Amsa paga gli affitti a un'altra partecipata del Comune di Milano in un giro interno di conti il cui senso sfugge ai più. L'azienda stessa è in imbarazzo e ha preferito limitarsi a comunicare che l'impianto del vetro è dismesso e «si sta pensando come usarlo».

Per gli affitti si limita a confermare senza fornire cifre: «É vero che su tre piani solo una parte di uno è utilizzata, ma preferiamo non dire quanto spendiamo».

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