Cronaca locale

I cattolici del Pd votano contro mamma e papà

I cattolici del Pd che si erano dissociati al momento di votare in consiglio la mozione presentata da Umberto Ambrosoli per la liberalizzazione delle droghe leggere, ieri non hanno difeso la dicitura «padre» e «madre» abolita sui moduli per le iscrizioni alle scuole dell'infanzia comunali a favore di un più neutro «genitore». Termine che ovviamente apre alla famiglia omosessuale. In molti si aspettavano quantomeno una loro astensione, una segnale contro la deriva imposta dalla Milano «arancione» del sindaco Giuliano Pisapia che dopo il patrocinio ai gay pride e il registro delle coppie di fatto, ha assestato un nuovo colpo al matrimonio tradizionale. E, invece, è stato più forte lo spirito del branco e nemmeno la recente visita del cardinale Angelo Scola ha raddrizzato il timone di quella parte di centrosinistra che comunque continua a indicare nella Chiesa il suo punto di riferimento se non politico, almeno spirituale.
Una diserzione che non ha impedito l'approvazione della mozione presentata dal capogruppo leghista Massimiliano Romeo e votata da tutto il centrodestra (Fi, Lega, Ncd, Lista Maroni e Partito pensionati) e con la quale il consiglio regionale «deplora e stigmatizza» la decisone del Comune. E facendo riferimento «all'articolo 29 della Costituzione che riconosce i diritti della famiglia esclusivamente quale “società naturale fondata sul matrimonio”», chiede di «tutelare i diritti delle minoranze, ma senza che questo comporti la cancellazione dei diritti della maggioranza». Un documento che cita anche un'omelia di papa Francesco, in cui l'allora arcivescovo di Buenos Aires diceva che oggi «sono in gioco l'identità e la sopravvivenza della famiglia composta da papà, mamma e figli. È in gioco un rifiuto frontale della legge di Dio inscritta nel nostro cuore». Non abbastanza per convincere il Pd e i «grillini» del Movimento 5 stelle che hanno schierato compatti i loro 24 voti contrari alla mozione che si chiude condannando «la deriva psicologica a cui si condannano i bambini, ai quali si sottraggono in tal modo i riferimenti familiari, ovvero i ruoli di base che caratterizzano le singole fasi della crescita».
Discorsi «da caverna e da bigotti» per la 5 stelle Iolanda Nanni, critico l'intervento di Sara Valmaggi (Pd) e della capogruppo «grillina» Paola Macchi che hanno definito «inutili e strumentali» i contenuti della mozione. Così come è stato «stigmatizzato» dal consigliere Fabio Pizzul (Pd) l'intervento dell'assessore alla Famiglia Maria Cristina Cantù «per aver criticato da assessore la scelta di un'amministrazione locale». Per la Cantú, invece, «la civiltà non si misura andando a defraudare la mamma e il papà nel loro ruolo, ma andando a dare risorse culturali ed educative adatte al sostegno anche della famiglia non tradizionale. Ma senza far diventare diversa la famiglia tradizionale». Per il leghista Romeo «è chiaro che ci sono in gioco due visioni differenti di famiglia: chi difende quella tradizionale e chi porta avanti altri modelli. Ma anche in una caverna e con la clava in mano, noi siamo e saremo sempre tradizionalisti». Da Stefano Carugo (Ncd) un (inascoltato) appello «ai cattolici del Pd perché si mettessero non una, ma due mani sul cuore».

Ma non c'è stato nulla da fare.

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