Cronaca locale

I musulmani invitano una donna cristiana a moderare il dibattito

Il direttore Asfa: «Messaggio a chi sbaglia sul ruolo femminile. Il velo? Libera di scegliere»

I musulmani invitano una donna cristiana a moderare il dibattito

Sarà una donna a moderare il dibattito di stasera alla Casa della cultura musulmana di via Padova 144. E se può apparire strano, non lo è per l'imam Mahmoud Asfa, direttore della Casa della cultura musulmana, che ha organizzato insieme con il Centro culturale di Milano. A intervenire saranno don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, l'imam Benaissa Bounegab, presidente della Casa della cultura musulmana, l'imam Mohsen Mouelhi, vicario della Confraternita dei Sufi in Italia, e la vicesindaco Anna Scavuzzo. A guidare la conversazione Elisabetta Soglio, giornalista del Corriere della sera ed esponente della Consulta femminile del Pontificio consiglio della Cultura.

«Abbiamo voluto così per mostrare che non è vero quel che si dice di come trattiamo le donne: se una persona è competente sull'argomento, che sia una donna o un uomo a dirigere un incontro per noi va bene» dichiara con naturalezza Mahmoud Asfa. Alla signora è stato chiesto di indossare il velo? «No. Se vuole venire velata, altrimenti no. Ci mancherebbe. È libera di fare come vuole». Quasi non lascia finire la domanda successiva e cioè che non tutto il mondo musulmano si comporta così con le donne. Anzi, spesso la cronaca riporta casi di sottomissione, discriminazione, violenza.

Lui, che è uomo moderato e di dialogo, ne è tristemente consapevole: «Alcune aree del mondo musulmano la vedono come una cosa strana ma io non trovo nel Corano o nelle fonti alcun riferimento che vieti alle donne di fare il ministro o il capo di Stato. Figurarsi di moderare un dibattito». E allora: «Il nostro vuole essere un messaggio sia ai musulmani che ai non musulmani. È un messaggio per tutti su quest'idea sbagliata del ruolo della donna nell'islam. Io ho fatto un sermone intero parlando di questo argomento...». Lui si spiega il disprezzo della donna così: «Che la donna non possa guidare una macchina non lo dice la religione ma un re, così come che non possa lavorare o fare il medico. Tutto questo nasce dal mescolare le tradizioni e la politica con la religione».

Nel novembre scorso Mahmoud Asfa aveva ospitato in via Padova la colletta del Banco alimentare, raccogliendo la spesa per i poveri, e alcuni fedeli della sua moschea erano andati come volontari nei supermercati: «L'abbiamo fatto perché desideriamo partecipare alla vita della città».

Poi, con la figlia Nibras, sabato 25 marzo in piazza Duomo ha incontrato Papa Francesco. Erano andati per ascoltarlo, a sorpresa gli hanno potuto stringere la mano: «Sono immagini che sono state viste anche in Giordania e nei Paesi arabi e hanno avuto un effetto molto positivo. È stato un momento molto commovente, soprattutto per mia figlia. L'incontro è nato in modo naturale, perché lei, che è italiana e musulmana, frequenta l'Università Statale ed era stata invitata a un convegno di preparazione all'arrivo di Papa Francesco.

Da lì la nostra presenza in Duomo e tutto il resto».

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