Cronaca locale

I profughi non rendono: "Per 18 euro al giorno niente più accoglienza"

Le coop contro il bando della Prefettura: "A queste condizioni non si può lavorare"

Foto di repertorio
Foto di repertorio

Le cooperative sociali della Lombardia non ci stanno e hanno deciso di non partecipare al bando della Prefettura di Milano per protesta: «Così non possiamo fare accoglienza» spiegano all'indomani della chiusura delle strutture che hanno gestito fino al 30 giugno 2019. Già a marzo Coop Lotta Contro l'Emarginazione Onlus, Diapason Cooperativa Sociale, Fuori Luoghi Onlus, Il Melograno Onlus, Passapartout Consorzio di Imprese Sociali avevano depositato un ricorso al Tar del Lazio per chiedere l'annullamento con sospensiva del nuovo bando «perché non rispetta gli standard di qualità definiti dalla Carta della Buona Accoglienza», promossa da Confcooperative, Legacoop e poi sottoscritta nel 2016 da ANCI e dal Ministero degli Interni. Il problema di fondo? «Con 18 euro al giorno a persona previsti dal decreto Sicurezza non si possono sostenere e coprire i costi necessari per gestire il servizio».

Il nuovo bando della Prefettura prevede l'affidamento dell'accoglienza per stranieri richiedenti protezione internazionale per 2900 posti di cui 750 presso unità abitative con capienza complessiva fino a 50 ospiti, 500 in strutture collettive e 1650 posti in strutture collettive con capienza tra i 51 e 300 ospiti. Con delle grandi differenze rispetto al modello precedente: da 100 ore alla settimana per operatore, che si integravano con i mediatori culturali, assistenti sociali, medici, infermieri e legali si è passati a 8 ore alla settimana per un educatore dedicato a 50 persone. Il modello precedente al decreto sicurezza prevedeva corsi di italiano per stranieri, formazione professionale, tirocini e l'affitto degli appartamenti e delle microcomunità - spiega Tiziana Bianchini dell'esecutivo regionale del Cnca Lombardia -. Ora non è possibile praticare buona accoglienza in un sistema che ha tolto tutte le misure di supporto all'inclusione, a partire dall'insegnamento della lingua italiana. Le cooperative hanno rifiutato di aderire a un modello di accoglienza che si riduce alla semplice custodia degli ospiti e che prevede tra l'altro l'uso di piatti di plastica e lenzuola monouso da buttare ogni tre giorni».

Ieri dunque sono state restituite le chiavi degli appartamenti che hanno ospitato i richiedenti asilo, smistati dalla Prefettura: «Le associazioni che hanno vinto il bando sono venute a prenderli, addirittura in metropolitana - polemizza Bianchini - perché non hanno nemmeno i fondi per un pulmino. Non sappiamo che fine hanno fatto le circa 200 persone che sono uscite dalle nostre strutture, certo è che finiranno in caserme e in grandi centri da 300 posti, con quel che ne consegue in termini di impatto sul territorio. Il disegno politico di continuare a creare insicurezza prosegue, alimentando una paura ingiustificata alla quale la gente crede, piegando testa e cuore».

Gli unici problemi che dicono di aver avuto le cooperative nel gestire i appartamenti sono stati «i soliti screzi che si possono verificare in qualsiasi condominio: liti per la raccolta differenziata sbagliata e per gli odori che escono dalle cucine. Abbiamo gestito anche questo e il risultato sono i rapporti di amicizia nati tra richiedenti asilo e condomini». Che cosa faranno adesso le cooperative? «Vigileremo, cercheremo di informarci dall'esterno su come viene gestita l'accoglienza di queste persone.

Cosa pensiamo della capitana della Sea Watch? Tutta la nostra solidarietà a una donna che ha salvato vite umane, e che ha ricevuto una condanna sproporzionata e ingiusta» conclude Bianchini.

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