Cronaca locale

Investire nello studio dei figli rende più che comprare casa

Dolly Predovic, ex direttore Sda Bocconi, e gli errori dei genitori «Una preparazione migliore si trasforma in stipendi migliori»

Investire nello studio dei figli rende più che comprare casa

Quando un genitore italiano vuole investire dei soldi per il futuro dei figli, in genere compra un immobile. La casa, il mattone: manifestazione plastica di una solida certezza. Dolly Predovic, ex direttore del master in Corporate Finance alla SDA Bocconi, scardina questa convinzione. Lo fa, numeri alla mano, in un convegno dedicato agli investimenti nell'educazione «tra pubblico e privato» che si tiene oggi (dalle 9, al Pirellone). Un assaggio: per la laurea triennale si spendono in media (dati Federconsumatori) 6.350 euro all'anno tra tasse universitarie, libri e vita fuori sede: per 3 anni fanno 19.050 euro. Secondo Almalaurea, lo stipendio medio di un neolaureato triennale è 856 euro al mese. Ipotizziamo che aumenti, a 5 anni dalla fine degli studi, a 1100 euro al mese: il reddito sarà 13.200 euro all'anno. «Dividendolo per la spesa sostenuta per gli studi - analizza Predovic - il rendimento è pari al 69%». Vediamo la laurea magistrale: il costo si aggira sui 31.750 euro, lo stipendio medio di 1038 euro, che diventano (sempre per ipotesi) 1.400 al mese dopo un lustro. Reddito da lavoro annuale: 16.800 euro. Diviso l'investimento universitario ha un rendimento del 53%, spiega ancora la docente. Che a questo punto fa il confronto con gli immobili: «Secondo l'osservatorio del mercato Nomisma la media di rendimento di un immobile è del 4,3% lordo». Ancora sicuri che convenga di più, per dare qualche barlume di sicurezza ai figli, comprare loro una casa? Si potrebbe obiettare che qui si parte dall'ipotesi ottimistica, e per nulla scontata, che il laureato trovi lavoro. Controbiezione: se il problema della disoccupazione giovanile è da brivido, non è che il settore immobiliare, con la crisi, non abbia conosciuto un crollo. I numeri sono numeri, anche se Predovic li usa come esempio per lanciare la sua nuova creatura, quella per cui ha lasciato un posto di prestigio in Bocconi: si chiama Career Path, società di coaching per gli studenti universitari. «Durante gli anni alla guida del master ho seguito gli studenti anche nella ricerca del lavoro», racconta, «e mi sono resa conto che quello che serve loro è il cosiddetto individual development plan , cioè un piano d'azione chiaro, a cominciare dal saper scrivere bene un cv, una lettera motivazionale, che non può ripetere quanto scritto nel primo». In molti atenei - «ma la Bocconi fa eccezione», precisa - la preparazione teorica è ottima mentre su questi aspetti si fa fatica: troppi studenti, non abbastanza docenti, risorse insufficienti. L'idea di Predovic è esternalizzare il servizio. Career Paths offre consulenza mirata a seconda del percorso di studi, anche con colloqui di lavoro simulati con veri haed hunter. E 8 settimane di internship in aziende, a Milano «e dalla prossima estate anche a New York». Ovviamente, costa: 3.699 per l'internship in Italia. Di più per gli Usa. Non una cifra alla portata di tutti, se già si sta spendendo per libri e tasse universitarie. La società esiste da un anno e per ora la maggioranza dei clienti sono italiani che studiano in Inghilterra. «È un problema di percezione culturale», insiste la docente: «Si tende a pensare che alla formazione debba pensare solo lo Stato.

Ma se una famiglia ha le possibilità economiche conviene di più che investa in questo, anche rispetto al corso di lingua estivo all'estero».

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