Cronaca locale

Islam, è Milano che rischia di più

L'ex pm Dambruoso: "C'è un humus mai debellato dalle indagini". E al convegno sulla moschea l'assessore Majorino non si presenta

Islam, è Milano che rischia di più

Allarme islam? Secondo il deputato e magistrato esperto in terrorismo Stefano Dambruoso, Milano è più a rischio di altre città. «Sicuramente in città non ci sono più cellule terroristiche o reclutatori di professione come una dozzina d'anni fa, ma c'è un humus che può favorire alcune scelte personali come quello del libico che ha provato a suicidarsi davanti alla caserma Santa Barbara qualche anno fa o quelle di Parigi, Bruxelles o Copenaghen».

Ma il problema moschea a Pierfrancesco Majorino, assessore ai Servizi sociali, non sembra interessare molto: al convegno organizzato ieri a Palazzo Isimbardi era prevista anche la presenza del delegato del sindaco Pisapia, ma mezz'ora prima dell'appuntamento ha avvertito che non sarebbe arrivato. «Poco fa l'assessore ha detto che non viene, per me politicamente è una delusione - ha commentato Dambruoso che da magistrato è stato un esperto di terrorismo - perché il tema era stato sollevato proprio dal suo assessorato».

Uno scenario, quello di Milano, confermato anche da Lorenzo Vidino, esperto di terrorismo islamico, secondo cui seppur cambiata la situazione rispetto al recente passato «ci sono situazioni dove si predica un Islam forte, conservatore, border line e con incitamenti alla violenza». Quindi, riferendosi al bando comunale di assegnazione di aree per la costruzione di luoghi di culto (tra cui le moschee) e mostrando alcuni «personaggi dubbi» invitati in città dalle diverse associazioni musulmane, si è chiesto se sia «politicamente saggio ed eticamente corretto affidare moschee a organizzazioni con simpatie dubbie. Nessuno vuol togliere il diritto di costruire un luogo di culto ma forse servirebbe uno standard più alto della sola mancanza di condanne penali» per i vertici delle associazioni che hanno presentato domanda al bando.

Di diverso avviso l'avvocato ed esperto del tema Luca Bauccio che ha invece sottolineato come «in 20 anni di esperienza in processi non ho mai visto il connubio tra chi delinqueva e una moschea che non è altro che un luogo di aggregazione, vedo invece da anni un signore che va in giro per l'Italia a dire che i musulmani sono figli di Satana e non è stato cacciato dall'ordine dei giornalisti, né è stato indagato per odio razziale che è un reato contro il quale bisognerebbe agire d'ufficio».

Un parere fuori dal coro dei relatori è arrivato da una ragazza ebrea di 22 anni, il nome preferisce non dirlo proprio per il clima che si respira a Milano: «Non è che non ci sentiamo sicuri, non lo siamo proprio: ogni volta che vado in sinagoga ho paura e anche i militari fuori non so se si butterebbero a prendere il proiettile destinato a me; senza contare che a ogni occasione le manifestazioni anti Israele diventano anti ebrei, come se le due cose non potessero essere distinte».

Per il Partito democratico era presente il deputato Khalid Chaouki: «Purtroppo per chi è già qui da almeno una generazione vedo un consolidarsi di un percorso che, soprattutto dopo le primavere arabe, punta molto verso oriente e non considera come necessario il passo in più che viene chiesto ai musulmani, ad esempio la manifestazione di solidarietà alle vittime delle stragi, sembra insomma che non ci sia la consapevolezza di quanto sia dannoso il terrorismo per tutti».

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