Cronaca locale

L'arte di Winckelmann il grande classicista che illuminò Milano

La Braidense celebra lo storico tedesco con una mostra di libri, stampe e manoscritti

Francesca Amè

Ha insegnato al mondo ad amare l'arte antica grazie al suo intuito per il bello e al rigore nella catalogazione: cade quest'anno il trecentesimo anniversario della nascita di Johann Joachim Winckelmann (1717 - 1768), «papà» della storia dell'arte.

La sua Storia delle Arti del Disegno presso gli Antichi, scritta nel 1764 in tedesco, divenne immediatamente un best-seller tra le corti dell'epoca. È infatti sulle sue riflessioni che si basa la passione archeologica del Settecento e del primo Ottocento, prima che la «rivoluzione moderna» arrivi a stravolgere tutti i paradigmi. Vari musei e biblioteche nel mondo celebrano l'anniversario e la Braidense fa la sua parte, con ragione di cronaca. La vita e la fortuna di Winckelmann sono infatti legate a doppio filo a quella della nostra città: è stato il milanese Alberigo Archinto, all'epoca abate di Santa Maria in Brera e poi nunzio papale a Dresda, in Sassonia, dove il prussiano Winckelmann lavorava come bibliotecario, a favorire il suo arrivo in Italia. Affascinato da quell'uomo dal sapere enciclopedico (pare che scrivesse greco antico in maniera formidabile), lo segnalò a raffinati cardinali romani che non esitarono a contenderselo. Winckelmann divenne infatti a Roma bibliotecario del cardinale Passionei e poi del Cardinale Albani e da lì antiquario della Camera Apostolico. Grande catalogatore sì, ma anche valente studioso ed esteta. Ed è Milano la città che lo intuisce per prima, come dimostra l'esposizione ora curata da Aldo Coletto e Pierluigi Panza nella sala Maria Teresa della Biblioteca Braidense. «Winckelmann a Milano» (fino all'11 novembre, ingresso libero), voluta dalla biblioteca e dall'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, racconta di come sessantasei milanesi illustri (i cognomi sono noti: Beccaria, Verri, Litta Visconti, Dugnani e altri) sostennero di tasca propria la pubblicazione del saggio di Winckelmann nel 1779 nella sua prima traduzione italiana, curata da Carlo Amoretti. Grazie a loro la tipografia cistercense di Sant'Ambrogio stampò il prezioso volume. Erano anni vivacissimi per la nostra città e la mostra alla Braidense ne è una raffinata esemplificazione: libri antichi, stampe e manoscritti, con qualche pannello didattico utile per recuperare le coordinate storiche dell'epoca, ci restituiscono un centro culturalmente all'avanguardia non solo nel recepire le nuove idee, come appunto quelle di Winckelmann, ma anche nel realizzarle a livello editoriale. Non è un caso che l'attenta Maria Teresa premiò con una medaglia d'oro l'edizione milanese del Winckelmann, un volume che non si limitò a una pedissequa traduzione dell'originale tedesco ma inserì nel testo alcune belle illustrazioni di oggetti conservati nelle collezioni lombarde, come quella di Carlo Trivulzio, capaci di ben esemplificare le tesi dello studioso.

Le vetrine esposte alla Braidense - che, come Winckelmann, compie il suo trecentesimo anno di vita - dimostrano quanto sia stata poi capillare la diffusione del classicismo in Lombardia: l'illuminista Milano ritrovava nell'antica Grecia e in Roma quell'ideale di composta bellezza che pareva contraltare estetico perfetto al razionalismo.

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