Cronaca locale

L'editoria di Manuzio Tesori all'Ambrosiana

Inventò le edizioni tascabili; mise i puntini sulle i, codificando l'uso della punteggiatura, come ancora oggi ce ne dovremmo ricordare noi; sciolse anche il dubbio su come traslitterare il greco, mettendo ordine fra le varie lettere dell'alfabeto. Che altro? Diffuse, a stampa, i classici greci e latini per il grande pubblico e fu precursore di ogni impresa per azioni. Il suo piglio da imprenditore e sognatore sarebbe prezioso tanto più oggi in tempi di crisi dell'editoria. Sì, perché forse il suo genio saprebbe dirimere anche la vexata quaestio fratricida fra libro e tablet, edizioni cartacee e web.Aldo Manuzio (1449 1515), stampatore, editore, grande umanista, a 500 anni dalla morte, viene celebrato in molte città per la sua opera. Natali nel Lazio, precettore di rango fra Ferrara e Carpi, sodale di Pico della Mirandola, scelse Venezia, insieme all'incisore Francesco Griffo, per la lanciare la sua «start up» di casa editrice, sponsorizzata dal doge e da Pietro Bembo. È a Milano, però, che fra biblioteca Ambrosiana, Trivulziana e Braidense, l'estro e il pregio dei suoi libri sono custoditi. Da oggi meno segretamente, grazie alla bella mostra dotta sì, ma di grande impatto che l'Ambrosiana ha allestito nelle sale di piazza Pio XI, fino al 28 febbraio 2016.Non poteva che succedere a Milano, capitale dell'editoria moderna. L'esposizione curata da Marina Bonomelli e Angelo Colombo, con il sostegno di Generali, è un excursus di 30 opere fra le edizioni aldine, così come erano conosciute e apprezzate all'epoca. L'Ambrosiana custodisce 107 originali dei 131 esemplari usciti dai torchi di Manuzio. «Considerando le copie spiega Franco Buzzi, prefetto dell'istituzione milanese il nostro fondo raccoglie 295 opere, segno che Manuzio diede slancio alla prima produzione industriale del libro».Basta con gli amanuensi e i miniatori curvi sui banchi di gelidi scriptoria. Via con i caratteri mobili e nobili di una storia che dai Gutenberg arriva a oggi passando per i Garamond, i Didot, i Morison e gli italiani Tallone e Bodoni. In mostra anche alcuni strumenti tipografici cinquecenteschi, mentre un ritratto di Erasmo da Rotterdam, a firma di Albrecht Dürher, ricorda come «uscire per Manuzio», fosse più trendy di ogni bestseller moderno. Erasmo, infatti, corteggiò a lungo l'editore per essere annoverato nella sua accademia aldina. Ne nacque una grande amicizia che culminò con la pubblicazione degli Adagia del pensatore olandese.Fra le righe si apprende di come con Manuzio nacque anche la contraffazione. Memorabili le copie che uscivano dalle tipografie di Lione che provò a contrastare, inventandosi un claim geniale e inimitabile: l'ancora che indica ponderazione a cui si avvinghia un delfino che simboleggia guizzo e rapidità. Semper festina tarde! Affrettati si, ma con moderazione, un motto che amava ripetere, ricordando che «Se si maneggiassero di più i libri che le armi, non si vedrebbero tante stragi». Un'idea di cui oggi ci si dovrebbe ricordare. La mostra presenta alcune chicche come l'incunabolo (1495) De Aetna di Bembo e la prima grammatica greca a stampa, l'Erotemata.

E poi cinquecentine di Dante e Aristotele e fra gli enchiridion, i libri tascabili che, per l'appunto stanno «in una mano», anche un Virgilio del 1501.

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