Cronaca locale

Il Leonka di Pisapia? Evade le tasse

Il sindaco elogia il centro sociale: "Musica, cibo e bibite a prezzi contenuti". Peccato che non faccia scontrini

Il Leonka di Pisapia? Evade le tasse

«Il sentimento dell'ira non mi appartiene» ha confessato proprio ieri il sindaco. I milanesi invece possono arrabbiarsi molto. La categoria dei commercianti, moltissimo. Nel tentativo di giustificare l'«operazione Leoncavallo» - la permuta di due immobili comunali con l'ex cartiera occupata dal centro sociale in via Watteau -, in un'intervista al Corriere della Sera ieri Giuliano Pisapia ha cantato le lodi del Leonka. Tra i molti pregi ha sottolineato l'offerta di musica low cost. «É uno dei pochi posti - dice - dove ci sono concerti a prezzi che si possono permettere i più giovani, i precari, chi non ha un lavoro». Ci aggiungiamo il «Baretto», che offre «mescita di bevande a prezzi contenuti» come conferma sul sito la «Leoncavallo spa», l'«Hemp Bar» dove non si servono cocktail ma «birre selezionate da microbirrifici italiani». E poi c'è la «Cucina Pop», definita dagli stessi ex autonomi (oggi è più corretto definirli imprenditori dello spettacolo e della ristorazione) «un generatore di ricchezza». In cucina «collaborano prevalentemente cuochi giovani di origine straniera, che mediante questa attività possono acquisire competenze professionali di base utili all'inserimento nel mondo del lavoro». Dopo un primo periodo di osservazione (non è precisato quanto dura il lavoro in nero) «la struttura ha attivato un rimborso spese e la regolarizzazione». Bene. Per la vendita di alcolici e bibite non vengono emessi scontrini, da vent'anni non vengono pagati i diritti alla Siae né la tassa di occupazione del suolo pubblico, e ovviamente non esistono licenze per la somministrazione e manipolazione di cibi e bevande. Per entrare si paga un biglietto di 8 euro, è un ingresso a sottoscrizione, «significa che i soldi servono a finanziare le attività». Margini di evasione fiscale? Incontrollabili (e incontrollati). Il Bilancio sociale 2012 pubblicato dal Leonka descriveva un giro di entrate da 1,1 milioni di euro - 543mila dalla somministrazione, 654mila euro dalle famose sottoscrizioni, 1.641 dal 5 per mille all'associazione «Mamme del Leoncavallo» - ma gli incassi potrebbero essere nettamente superiori, non ci sono mai stati controlli fiscali. Agli atti, pubblicati dalla Spa, il rendiconto 2 anni fa si chiuse invece con una mini perdita per colpa di un furto da 40mila euro, il resto delle entrate investito su progetti culturali, manutenzione, spese di comunicazione.

Eppure, il sindaco porta ad esempio il Leonka, esentasse e abusivo, perché ha offerto in questi anni concerti a basso costo. E fa infuriare Roberto Cominardi, presidente del Silb (il sindacato italiano locali da ballo che aderisce a Confcommercio) e titolare della discoteca Old Fashion: «Portare ad esempio il Leoncavallo è la barzelletta di Milano, intanto basta descriverlo come il locale per i poveri in contrapposizione con le discoteche “per ricchi”, tutti sanno che è sempre stato il covo di figli di famiglie bene che non sapendo come riempire le giornate passavano il tempo a organizzare proteste. Ma potremmo tenere tutti i prezzi più bassi se potessimo “evadere” le tasse, non pagare la Siae, la Cosap, non regolarizzare i dipendenti. Invece il 50% del biglietto d'ingresso se ne va con le tasse e se non osserviamo i regolamenti arrivano pattuglioni di vigili, i controlli della Guardia di finanza.

Ben vengano spazi per i giovani a prezzi contenuti, ma se il Leonka è nato come centro sociale oggi è una società per azioni che produce redditi ingenti e fa concorrenza sleale ai commercianti onesti».

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