Cronaca locale

L'ultimo scontro Chiesa-Lega Salvini con la «ruspa» in Curia

Il caso esploso dopo le parole di Scola sul voto di protesta Ritornano moniti e polemiche. E sui migranti il dissidio è totale

Se il capogruppo comunale della Lega Alessandro Morelli si spinge fino a dirsi «sconcertato» dalle parole dell'arcivescovo, vuol dire che la polemica c'è. Il cardinale Angelo Scola, parlando del voto ai «partiti della protesta» come la Lega, ha avvisato che se «qualcosa ha un orizzonte più ristretto», «magari sul momento può avere impatto, ma poi bisogna anche guardare e progettare il futuro». E il segretario Matteo Salvini ha replicato duramente. Uno scontro duro. Eppure una tale rotta di collisione fra la Chiesa Ambrosiana e il Carroccio non è un caso inedito. Anzi, è solo l'ultimo capitolo di una storia di rapporti tormentati. Una storia che parte dal «dna» della Lega e dalle radici dei suoi dirigenti. Storicamente l'avventura leghista è partita dalle tradizionali aree di insediamento elettorale democristiano, come la Bergamasca e le province lombarde, o come il Veneto, ma poi ha usato strumenti e linguaggi sui generis, basti pensare alle paganeggianti ampolle sul «Dio Po». Al centro della tensione oggi c'è ovviamente il tema dell'immigrazione. Il no ai migranti è un cavallo di battaglia della Lega. Da sempre, prima ancora che si parlasse di profughi e rifugiati, quando l'immigrazione in Italia, e soprattutto al Nord, era economica: per lo più persone in cerca di occasioni di un lavoro e di una vita dignitosa. La questione migranti è diventata ancor più centrale oggi, con Salvini che la declina spesso nel tema sicurezza o accompagnandola col «no» alle «moschee», quelle che i centri islamici vogliono aprire o hanno aperto un po' in tutti i Comuni lombardi (vedi la legge regionale). Proprio su questo fronte nel 2009 era già maturata una polemica fortissima della Lega contro l'allora arcivescovo Dionigi Tettamanzi, che il quotidiano leghista «La Padania» arrivò ad attaccare frontalmente («Ma è un vescovo o un imam?») dopo un solenne discorso di Sant'Ambrogio in cui il cardinale aveva esortato a riscoprire il tradizionale «solidarismo ambrosiano».

Questa linea, così di «destra» secondo certi schemi, è peraltro perfettamente compatibile con le altre posizioni del Carroccio, per esempio sulla famiglia tradizionale e le unioni omosessuali - basti pensare al no leghista contro il registro milanese delle unioni civili, o alle reazioni furenti della sinistra per il convegno ospitato in Regione dal governatore Roberto Maroni, o ancora alle polemiche (interne) per il sì del leghista Fabrizio Cecchetti alla domanda di patrocinio per il «gay pride». Le affinità e le assonanze con tanta parte del popolo cattolico, quello più tradizionalista, sono evidenti e ricercate con cura dai vertici della Lega. Ma altrettanto evidente è la dissonanza con la linea delle gerarchie e della Conferenza episcopale, che alla necessaria accoglienza dei migranti dedica grande attenzione e grandi energie. Un esempio per tutti: la visita di papa Francesco a Lampedusa.

Che non a caso Salvini volle chiosare col suo «no alla globalizzazione della clandestinità».

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