Cronaca locale

«Un manuale per mettere la città a ferro e fuoco»

Il pm: «Questa la prova che le devastazioni erano pianificate» E per gli autonomi violenti chiede condanne fino a sei anni

«Il Blocco nero ha avuto un'anima, nata ben prima del Primo maggio 2015». Il pm Piero Basilone, nella requisitoria al processo contro quattro No Expo accusati di aver partecipato alla guerriglia di un anno fa, ha ricostruito quello che secondo la Procura è stato il quadro generale. E alla fine ha chiesto due condanne a quattro anni e quattro mesi e altre due a cinque anni e otto mesi di carcere. Le accuse sono di devastazione e incendio (la pena massima è di 15 anni), travisamento e resistenza a pubblico ufficiale. Il processo con rito abbreviato, davanti al gup Roberta Nunnari, prevede la riduzione di un terzo della pena. «Tutto, compresa l'azione violenta, era già stato previsto e pianificato - ha continuato il pm -. Lo dimostra un opuscolo nel quale venivano dati indicazioni e suggerimenti». Si tratta di un pieghevole distribuito ai manifestanti e prodotto ieri in aula. Da un lato descriveva il percorso del corteo, dall'altro conteneva «i rimedi per evitare le cariche della polizia, indietreggiando, e suggerimenti su come travisarsi, su come comportarsi in caso di arresto e come usare le maschere anti gas». C'erano inoltre nome e numero di telefono di alcuni avvocati. In particolare l'accusa ha chiesto la pena più alta per Andrea Casieri e Alessio Dell'Acqua, che a vario titolo hanno precedenti penali che vanno dal furto alla violenza privata, e la minore per Nicolò Ripani ed Edoardo Algardi, incensurati.

Il volantino prodotto da Basilone contiene un vero decalogo contro le «guardie». Si intitola «Sgomberiamo Expo e riprendiamoci il centro della città vetrina». Poi le regole del manifestante pronto a tutto, da «Cosa fare se vieni arrestato» a «Lacrimogeni» e «Manganelli». «La legalità - si legge nel manuale - non è uno dei parametri in base ai quali portiamo avanti le nostre lotte. Seguire alcuni dei suggerimenti qui riportati può comportare la commissione di reati». E ancora: «Confidiamo nel buon senso e nella capacità di auto determinare le proprie scelte di ogni manifestante». Continua il vademecum: «È usanza delle guardie lanciare lacrimogeni ad altezza uomo»; «Foto e video di situazioni legalmente pericolose hanno permesso di scagionare persone sotto processo, ma hanno anche fatto sì che altre li subissero»; «I manganelli fanno male, la testa è il punto più facile da colpire per rendere innocuo un manifestante», quindi è consigliato l'uso di caschi. Ancora: «Puoi finire in guai giudiziari se vieni riconosciuto in foto o video mentre compi azioni illegali. Ricordati che particolari del tuo abbigliamento o del tuo aspetto possono contribuire alla tua identificazione»; «Se intendi intraprendere una qualsiasi azione che comporti del rischio fallo in uno stato di completa lucidità». Infine: «Se vieni arrestato usa il tuo diritto a rimanere in silenzio», «la delazione e l'infamia non ci appartengono». Ieri dopo le parti civili (Viminale e Unicredit) hanno parlato i difensori di Ripani, Giuseppe Pelazza ed Eugenio Losco. Per i legali, il giovane è colpevole al massimo di resistenza: perché si configuri la devastazione, serve un'azione più vasta di quella che avrebbe compiuto. «Ero al corteo - ha detto Ripani nelle dichiarazioni spontanee -. Ma non ho commesso alcuna devastazione». Alla prossima udienza, il 9 giugno, interverranno le altre difese. La sentenza è attesa per il 14.

CBas

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