Cronaca locale

«Dalla Minetti solo cortesie alle amiche»

Michelangelo Trimboli è sull'uscio del suo appartamento al terzo piano di viale Bligny 58, con Alice, il labrador gigante della figlia. «Quante volte le avevo detto di lasciar perdere quell'uomo. Quante volte le ho detto che l'avrebbe ammazzata. Ma ogni volta lui si rifaceva vivo, la convinceva a tornare e poi ricominciava a torturarla con la sua gelosia». Fino alla tragedia a cui l'uomo sembra quasi rassegnato, tanto l'aveva prevista.

Sonia e Gianluca Gerardo Maggioncalda, oltre all'età, 42 anni, hanno in comune anche un'estrema fragilità, ma mettersi insieme, non li ha aiutati. Alle spalle hanno solo macerie, nonostante le famiglie non li abbiano mai lasciati soli. Sonia cresce in viale Bligny 58, e presto inizia a frequentare il «42», il fortino della droga, covo di clandestini e spacciatori. Qui otto anni viene coinvoltain una brutale rissa, finita con un marocchino ammzzato e lei ferita gravemente alla schiena. Questa brutta avventura non basta per tenere lontana dai guai la giovane donna. Continua a pasticciare con alcol e cocaina fino all'abbraccio mortale con Gianluca, conosciuto già un paio di anni fa ma con cui allaccia una relazione solo ai primi di agosto. Anche lui con seri problemi di alcol e droga tanto che, senza patente, gira Milano in bicicletta. Relazione burrascosa, i vicini ricordano la musica a tutta volume per coprire le urla e le bottiglie e gli oggetti che volavano per la stanza. E dopo tre settimane, in preda a una folle gelosia, la picchia e tenta di strangolarla. Lei perde i sensi, si risveglia in ambulanza.

«Quella volta sono arrivato in tempo, lei mi ha chiamato e io sono arrivato di corsa. Sonia continuava a telefonarmi gridando che la stava ammazzando mentre lui le strappava il cellulare di mano» racconta Michelangelo 72 anni, mentre accarezza la docile Alice a suo fianco. Padre e figlia erano molti uniti, soprattutto dopo la morte della moglie nel 2003 e il matrimonio del figlio Stefano, 48 anni, trasferito nel piacentino. Michelangelo descrive Sonia come fa qualsiasi padre: l'infanzia, le medie, l'università «si era iscritta all'Isef, sognava di insegnare educazione fisica». Ma gli studi si interrompono dopo cinque esami. Forse è in quel momento che Sonia inizia a scivolare verso una deriva fatta di cocaina e alcol che la porterà appunto alla brutale aggressione del maggio 2006. «Tutte bugie, mia figlia era andata lì per cercare di recuperare il portafoglio e il cellulare che le avevano rubato» la difende il papà. Ma intanto Gianluca incombe. Dopo la scenata del 28 agosto, Sonia presenta denuncia al commissariato Monforte Vittoria, allegando un certificato medico con una prognosi di 30 giorni. Poi lui riprende a gironzolare sotto casa e la sua insistenza fa breccia su Sonia. Lei ritira la denuncia e la relazione riprende. Domenica sono insieme, verso le 16 il dramma: Gianluca alle 16 prima la picchia poi le serra la gola con una corda elastica. E questa volta non si ferma. Poi rimane a vegliarla, fa qualche chiamata a un amico di Garlasco e alle 22 scende le scale. Incrocia il padre di lei: «Sonia non sta bene, vai a vedere».

Quindi in bici fino a Sant'Ambrogio dove viene notato da una volante: «Come sta Sonia» è la prima cosa che chiede quando lo fermano.

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