Cronaca locale

Moschee, dopo il patto con l'islam l'ipotesi è un Paese estero «garante»

Caim marginale, moderati più forti: si fa largo il modello Roma

Alberto Giannoni

Il patto nazionale per l'Islam italiano può cambiare la vicenda della moschea milanese. L'accordo firmato esattamente un mese fa a Roma, già dal titolo prefigura il tentativo, da parte del governo, di legittimare una parte del mondo musulmano, accreditandolo come interlocutore. In mancanza di un'organizzazione verticistica, nell'islam sono comunità e associazioni che rappresentano i fedeli. E chi si è seduto al tavolo col ministro dell'Interno Marco Minniti avrà voce in capitolo su tutte le partite che interessano i musulmani in Italia, due fra tutte: la realizzazione di moschee e l'eventuale assegnazione di finanziamento modellati sull'8 per mille. Nove le firme in calce al documento di Roma: c'era con qualche difficoltà interna) l'Ucoii, storicamente considerata «voce grossa», almeno dal punto di vista mediatico-politico, ma nella trattativa del Viminale hanno giocato un ruolo di primo piano alcune realtà laico-moderate che potrebbero essere decisive nelle future mosse anche milanesi. In posizione di grande rilievo c'era la Confederazione islamica italiana guidata da Massimo Cozzolino, che in Italia rappresenta un numero enorme di «moschee», associazioni e sigle dell'islam africano, soprattutto nella ingentissima comunità marocchina, una delle prime storicamente presenti in Italia. La Cii non ha una presenza forte a Milano ma c'è una rappresentanza lombarda. Milanese invece è la Coreis di Yahya Pallavicini, che ha il so quartier generale in via Meda ed è molto inserita, da anni, in tutte le sedi di dialogo istituzionale e interreligioso. Terza sigla da tenere presente è l'associazione madri e bimbi somali di Maryan Ismail, l'antropologa femminista leader dei musulmani africani che si sta ritagliando un ruolo di primo piano non solo in città. Con un Caim (il coordinamento finora guidato Davide Piccardo) che ora si affida all'ala dura relegandosi in una posizione più marginale, e con un sindaco - Beppe Sala - che ha dimostrato un approccio pragmatico rispetto all'era Pisapia, a Milano ora si apre la strada per un lavoro comune fra le varie anime dell'islam, senza tentazioni egemoniche e probabilmente con un Paese moderato e illuminato a fare da garante.

Un po' come a Roma.

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