Cronaca locale

Non si può trasformare in set per le pubblicità

Un salotto di bellezza e architettura ridotto a palcoscenico per le aziende

Ormai potrebbe essere ribattezzata «piazza Zelig». Stiamo parlando di uno degli angoli più suggestivi e architettonicamente unici del centro storico, balzato qualche anno fa alle cronache per la grande scultura del «dito medio» di Maurizio Cattelan. Piazza Affari, gioiello razionalista che sorge sopra l'antico teatro romano, è da anni una specie di palcoscenico su cui si sbizzarriscono gli scenografi più fantasiosi. Rigorosamente «marketing oriented», si intende. Ieri, per esempio, la piazza si è trasformata in un grande giardino alberato con tanto di vialetto in ghiaia per celebrare la nuova filiale della Banca CentroPadana. Prima dell'estate era stata addirittura invasa dalla gigantesca prua di una nave per festeggiare il debutto in borsa di Fincantieri. In primavera, poi, «piazza Zelig» diventa una location per aperitivi e dj set che la fanno improvvisamente (ri)scoprire da centinaia di giovani e adolescenti i quali, aggirandosi spaesati nella zona di Cordusio ad un'ora assolutamente inedita, domandano ai passanti: «Scusi, ma qual è piazza Affari?». Piacevoli scoperte, sia ben chiaro, se non fosse per le proteste dei (pochi) residenti storditi dai decibel fino a ore piccole e il tappeto di bottiglie stile Colonne di San Lorenzo a fine serata.

Poi, nei giorni in cui mancano eventi e scenografie, piazza Zelig torna alla routine quotidiana a cui è stata relegata, vale a dire un grande, selvatico parcheggio a cielo aperto per impiegati di uffici e banche della zona (e pure giornalisti). Che cosa accadrà per Expo 2015 è ancora tutto da scoprire e si accettano scommesse, ma di sicuro non mancheranno performance e allestimenti come quelli che lo scorso Capodanno proiettarono luci e immagini pirotecniche sulle architetture novecentesche. La realtà è che Piazza Zelig pare incarnare come non mai la schizofrenia urbanistica di una città che ha tra le mani dei tesori bell'e pronti per la qualità della vita dei suoi abitanti ma, anzichè valorizzarli, li subappalta al miglior offerente. Salvo poi escogitare rivoluzioni rocambolesche come la pedonalizzazione di piazza Castello. Il paradosso è che veri e propri salotti naturali (quelli sì pedonalizzabili) come piazza Affari e piazzetta Santo Stefano restano pressocchè abbandonati o trasformati in location per privati facoltosi, laddove un adeguato arredo urbano con panchine e belle piante le restituirebbero alla bella vista e alla quotidianità di cittadini e turisti. La burocrazia poi, insormontabile per i comuni mortali, si eclissa davanti ai grandi sponsor capaci di portare navi in piazza o temporary resturant di fronte alle guglie.

Quella stessa burocrazia che invece impedisce, per esempio, l'accesso in centro ai nuovi veicoli di street food che porterebbero, anche in salotti come piazza Affari, una ventata di vivibilità.

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