Cronaca locale

Palazzo Citterio, il Mibac va a fondo

Dopo le dure accuse di Bradburne sui ritardi Bonisoli apre un dossier

Mimmo di Marzio

Sul pasticciaccio brutto di Palazzo Citterio, l'anello mancante che continua a far slittare il progetto della Grande Brera, il ministro Alberto Bonisoli ha deciso di vederci chiaro. E ieri, forse per la prima volta dopo uno snervante ping pong tra Sovrintendenza e direzione della Pinacoteca sulle responsabilità dei ritardi, ha dichiarato: «Ce ne stiamo occupando, ritenevo che sulla questione fosse tutto a posto e invece così non è». Il busillis è ormai noto ai più e riguarda l'inadeguatezza dello storico palazzo consegnato alla pinacoteca e che dovrebbe ospitare le collezioni del Novecento. «Me lo hanno consegnato come un bambino lasciato allo Spedale degli Innocenti», aveva denunciato il direttore del museo James Bradburne, aggiungendo che nella migliore delle ipotesi, potrebbe aprire al pubblico nell'estate del 2020. Anni di lavoro passati invano. Il palazzo non è infatti dotato di un adeguato impianto di climatizzazione, il montacarichi è sottodimensionato e non permette il trasporto di una ventina di quadri di grande formato. E ancora, la scala grigia centrale (parte del progetto Stirling-Wilford), non lascerebbe spazio per esporre tutte le collezioni novecentesche. «Voglio capire se i lavori fatti sono quelli che servono al Brera Modern - ha detto Bonisoli - e soprattutto verificare ciò che è indispensabile al nuovo museo e ciò che invece va inteso come migliorativo». Un distinguo importante, «perchè migliorativo è un concetto che afferisce al gusto personale». Una questione, il de gustibus, sollevata nei giorni scorsi anche dalla sovrintendenza, come a dire che il palazzo va già bene così com'è. I rilievi finora mossi da Bradburne sono invece di assoluta sostanza. A parte la questione climatizzazione, la scala centrale progettata da Stirling-Wilford impedisce di fatto un adeguato allestimento delle collezioni. Lo stesso Bradburne (che è anche architetto) ha ora presentato un progetto alternativo che con relativa spesa risolverebbe il problema. Bonisoli però intende andare a fondo anche sulle lacune verificatesi in fase progettuale. «Voglio capire come gli enti hanno comunicato in questi anni tra loro; le criticità in questi casi sorgono all'inizio e non alla fine dei lavori». Su questo punto la sovrintendente Antonella Ranaldi aveva nei giorni scorsi messo le mani avanti affermando come la direzione della Pinacoteca fosse sempre stata informata sui lavori.

Tesi, questa, sempre seccamente smentita da Bradburne.

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