Cronaca locale

«Papà, ho ucciso la mamma e adesso mi taglio le vene»

Chi lo conosceva, tra i suoi vicini di casa in via San Senatore - una parallela di corso di Porta Romana, pieno centro, a due passi da piazza Missori - non ne parla come di un eccentrico, un fuori di testa, un mezzo matto, insomma. Piuttosto di un ragazzo gentile, perbene, dai modi distinti. Forse un po' troppo ripiegato su se stesso negli ultimi tempi. Dario Biolcati, 31 anni, in apparenza aveva avuto la classica «vita facile». Buona famiglia, un bel lavoro come contitolare della società di comunicazione «La Reve Pr & Adv snc» che cura eventi e segue l'immagine di personaggi famosi e aziende, il 31enne aveva toccato lustrini e attraversato tappeti rossi come assistente personale per 7 anni di Valeria Marini, che amava chiamarlo «topostar». Era però purtroppo ben diversa la realtà di questo giovane uomo che giovedì sera, in preda alla disperazione e alla solitudine più nera, avrebbe ucciso la madre Elena Monni, 59enne ex commerciante affetta da 37 anni da un'invalidità permanente causatale da un morbo che le dava, tra l'altro, depressione e dipendenza dall'alcol. Dario, da qualche mese - a causa di mancati pagamenti, un prestito negatogli dalle banche e l'affitto arretrato da mesi - versava in cattive acque. E aveva dovuto subaffittare una stanza dell'abitazione di via San Senatore a uno straniero.
Così l'altra sera il pierre ha messo in atto un piano terribile che forse gli è sembrato la soluzione unica ed estrema, la sola via d'uscita per quanto tragica, a un'esistenza diventata ormai impossibile. Ha affittato perciò per lui e la madre una camera al quattro stelle «Hermitage» di via Messina (zona Chinatown), ha fatto bere alla donna alcolici, le ha fatto ingerire farmaci e poi l'avrebbe aiutata a morire, tagliandole il polso destro con una lametta e forse soffocandola con un sacchetto di plastica trovato accanto al letto, macchiato di sangue.
A quel punto Dario Biolcati ha telefonato a un amico e al padre, un ex tassista che da un anno era separato dalla moglie ed era tornato a vivere a Torino, sua città d'origine. «La mamma è morta - ha biascicato Dario, esprimendosi in modo confuso -, ora mi uccido anch'io».
Il tempo era preziosissimo a quel punto. Il padre ha chiamato la questura di Torino che ha subito contattato quella milanese. I poliziotti delle volanti sono corsi in un primo momento nell'appartamento di via San Senatore, ma inutilmente. Localizzando in tempo record il cellulare di Biolcati gli agenti hanno fatto irruzione nella stanza d'albergo, al terzo piano, sfondando la porta. Dario era riverso sul lavandino del bagno, con un taglio al polso e uno alla gola, tra acqua e sangue. E rifiutava ogni aiuto. «Non ho ucciso mia madre - ripeteva il 31enne -, volevamo suicidarci insieme». Nella stanza i poliziotti hanno trovato anche una lettera nella quale madre e figlio spiegano di voler morire insieme per «sottrarsi a una vita di stenti». Anche sul profilo Facebook Dario aveva lasciato un «Arrivederci...» premonitore.
Portato d'urgenza al Niguarda Biolcati è stato sottoposto a una lavanda gastrica per evitare l'avvelenamento da alcol, droga e farmaci presi insieme alla madre. Ora è in ospedale, fermato per omicidio premeditato.

Sembra che 2 anni fa avesse già cercato di togliersi la vita.

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