Cronaca locale

Pugni chiusi e bandiere La sinistra anti Israele ora imbarazza Pisapia

Pugni chiusi e bandiere La sinistra anti Israele ora imbarazza Pisapia

Un nostalgico pugno chiuso da comunista d'altri tempi quello stretto da Anita Sonego nella foto sul poggiolo degli uffici del Comune affacciati in Galleria Vittorio Emanuele. Al fianco della capogruppo a Palazzo Marino della lista Sinistra per Pisapia, una bandiera palestinese per invitare al flash mob contro Israele organizzato ieri in piazza san Babila e a cui ha partecipato anche il presidente della commissione Sicurezza Mirko Mazzali (Sel). «Continuano i bombardamenti israeliani su Gaza - scrive la Sonego - Continuano le morti di civili. Basta occupazione dei territori palestinesi! Basta colonie israeliane in Palestina. Basta bombardamenti». Non solo. «L'Europa e l'Italia chiedano che Israele rispetti le risoluzioni Onu. Basta silenzio. Basta equidistanza». Non una posizione marginale, visto che la lista Sinistra per Pisapia (simbolo con bandiera rossa e falce e martello) ha contribuito all'elezione del sindaco. Venendone ricambiata con la scelta di Basilio Rizzo come presidente del consiglio comunale.
E ieri nel profilo Facebook della Sonego, sono comparse le terribili e strazianti immagini dei piccoli palestinesi rimasti vittime innocenti dei raid israeliani. Bambini che «fino a ieri giocavano nella spiaggia». E poi «basta con chi dà del terrorista a un'intera popolazione senza mai aver voluto ascoltare le voci di Gaza». Su tutt'altra barricata l'altro giorno in aula il consigliere del Pd Ruggero Gabbai: «La mia relazione su Expo non può che iniziare con il ricordo e la commemorazione dell'assassinio di Naftali, Gilad ed Eyal». I tre ragazzi israeliani rapiti e uccisi diventati la nuova scintilla a infiammare l'odio.
Ma quella della Sonego non è una posizione isolata nel mondo rosso-arancione che ruota intorno a Pisapia, perché anche il suo responsabile dell'Ufficio Rapporti con la Città Paolo Limonta ha chiaramente espresso la sua posizione, dicendo di essersi «sempre sentito un palestinese». E raccontando di essere «stato spesso nei Territori palestinesi e a Gaza. Ho visto e subito la violenza e la tracotanza dei soldati israeliani. Ho assistito impotente alle umiliazioni cui sono sottoposti quotidianamente donne, bambini e uomini ai check point. Attraverso le immagini televisive mi si presenta immutabile l'enorme e distruttiva potenza militare della risposta israeliana ai lanci di razzi di Hamas. E così, ancora una volta, non c'è possibilità di definire uno spazio di riflessione altra che non sia lo schierarsi più che a favore di qualcuno, contro qualcuno». Ma cercando nella sua professione di maestro, l'indicazione di una via d'uscita. Perché «se avessi in classe dei bambini palestinesi e dei bambini israeliani, dovrei comunque cercare di fare un passo in più oltre lo schierarmi». Ma per il vendoliano di Sel Luca Gibillini «non é una questione di tifo. È una questione di guerra. Israele sta iniziando una guerra e la comunità internazionale non può stare a guardare. Si fermi il forte che distrugge il debole, Hamas non sia una scusa per nessuno.

Il dolore per le morti inutili e ingiuste non può bastare».

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