Cronaca locale

Quando Gio Ponti disegnava tazze di porcellana

Esposta in via Manzoni una collezione di oggetti creati dal designer milanese per la Ginori. All'incanto il 23 giugno

Francesca Amè

Dici Gio Ponti e subito pensi al Pirellone, alla casa in via Dezza, a Casa Rasini, al palazzo della Rai in corso Sempione, a certi edifici che si affacciano su piazza San Babila. Austeri, funzionali, raffinati, moderni. Ma Ponti (1891-1979) non fu solo architetto, fu anche geniale saggista, affabile docente e ottimo designer, il primo in Italia a intuire che la funzionalità non sminuisce la bellezza dell'oggetto, anzi può esaltarla. A «Gio Ponti. Creatività senza tempo» Pandolfini dedica un'esposizione (da giovedì a lunedì nella sede milanese di via Manzoni e poi da venerdì 18 a lunedì 21 a Firenze) prima di una corposa battuta d'asta che si concentra sul periodo in cui Ponti fu direttore artistico della manifattura Richard-Ginori di Doccia. Un decennio tra il 1920 e il 1930 fondamentale per il «made in Italy» perché è da lì che nasce la prima produzione artistica industriale del nostro Paese come ancora oggi la intendiamo. La collezione in mostra, costituita da una ventina di esemplari, testimonia la vena creativa di Ponti, qui nelle vesti di designer capace di ideare oggetti utili ma al contempo raffinati e gradevoli. Li guardi oggi e non paiono uscire dalla soffitta della casa delle nonne, non hanno per nulla il sapore delle «buone cose di pessimo gusto», per usare le parole di Gozzano. Sono invece opere modernissime. Maneggevoli e pregiati appaiono sia i lavori in porcellana e che quelli nella più delicata maiolica: hanno decorazioni più vistose le maioliche, più lineari le porcellane a testimonianza di quanto la creatività di Gio Ponti amasse lasciarsi ispirare dal tipo di materiale su cui lavorava. Tra i lotti esposti a Milano da Pandolfini spiccano poi rari piatti e vasi, un calamaio, diverse basi per lampade, un servizio da macedonia e una serie di suppellettili da cucina decorate con motivi sportivi. Colpisce oggi, per la modernità della decorazione, colorata ma essenziale, il bolo in porcellana realizzato in Richard Ginori su disegno di Ponti e intitolato «II pellegrino di Montesanto». È datato 1925. La base d'asta? Dai sei ai novemila euro. È questo forse il fiore all'occhiello di una ricca battuta d'asta che annovera anche due grandi piatti in maiolica, «La pontesca» e «La grottesca»: basta guardarle, con i loro decori arzigogolati in giallo- bruno, per capire dove osava spingersi la fantasia creativa di Gio Ponti (valore stimato: diecimila euro l'una). Siamo nel 1930, un periodo fecondo per il grande architetto e designer anche nella sua Milano: in quegli stessi anni Ponti si adoperava per organizzare la quinta Triennale, ideava scene e costumi per la Scala, promuoveva premi importanti come il Compasso d'oro per valorizzare i talenti dell'architettura, diventava docente al Politecnico. «Gio Ponti. Creatività senza tempo» presenta in mostra a Milano tutti i lotti che saranno battuti poi in asta a Firenze il prossimo 23 giugno.

E a proposito di aste, per i collezionisti milanesi l'appuntamento è invece quello di lunedì prossimo al Centro Svizzero di via Palestro, Pandolfini apre l'asta di arte moderna e contemporanea: tra i lotti, tele di Agostino Bonalumi, un disegno di Pablo Picasso, opere di Schifano e Rotella.

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