Cronaca locale

Quelle partiture metafisiche firmate dall'altro De Chirico

Al Museo del '900 il volto inedito del fratello di Giorgio Mostra-concerto dei brani scritti per balletti e drammi

Luca Pavanel

Chissà se da qualche parte su un foglio ha una dedica «Carmela», un'operina che l'autore vergò da ragazzo nei primi anni del Novecento. Mandò il lavoro al compositore Pietro Mascagni, che per quelle pagine giovanili, pare, spese parole di apprezzamento. Il problema di quella partitura è che non si trova più, sparita nel nulla, e gli studiosi ancora la cercano.

Questa è la storia del a dir poco poliedrico pittore e intellettuale che la scrisse, Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea De Chirico, morto nel 1952: sì, proprio lui, il fratello del più celebre Giorgio, principale esponente della metafisica. È la storia del Savinio-musicista, per niente o quasi raccontata, pure all'estero. Eppure scrisse almeno quattro balletti, sei opere teatrali e svariati brani di musica da camera e sempre con piglio da sperimentatore.

«L'assenza di attenzione nei suoi confronti per certi versi un mistero attacca Maddalena Novati, fondatrice e presidente di NoMus, associazione e centro studi sulla musica moderna e contemporanea , è stato un'artista che ha indagato nelle più diverse direzioni, dalla pittura alla letteratura. E si è espresso in maniera interessante anche nella musica». Per rimediare un po' al vuoto intorno a questo personaggio del secolo ventesimo, proprio NoMus ha ideato e realizzato un ciclo di sei incontri («Omaggio ad Alberto Savinio»), compresa una esposizione, a partire da oggi, inaugurazione alle ore 17, presso il Museo del Novecento in via Marconi n.1, a Milano (info: www.nomusassociazione.org): partecipa il pianista Daniele Lombardi che eseguirà due brani dell'autore: «Les chants de la mi-mort» e «Serenata», mai più suonata dopo la prima esecuzione dell'epoca. Ospite d'onore Ruggero Savinio, 82 anni, pittore e scrittore, che così ricorda suo padre Alberto: «Come famiglia ci rendeva sempre partecipi delle sue diverse attività. Quando dipingeva era affabile, quando scriveva si rannuvolava un poco e quando componeva appariva distaccato, si chiudeva in sé. Ha composto fino alla fine, prima di morire stava lavorando a un'opera per il Teatro delle novità di Bergamo. Ma non è riuscito a finirla e non è rimasta traccia».

La mostra-concerto e le giornate che seguiranno sono un libro di storia da sfogliare. Pare di vederlo quel periodo di «rivoluzione culturale» riassunto nei materiali dell'esposizione: Savinio e Parigi, i balletti russi, Stravinskij, i teatri italiani che lo ospitarono. Da ammirare le locandine del Piermarini, bozzetti di scene e figurini. «Il suo fondo, compresi i manoscritti continua Novati -, sono a Firenze al Gabinetto scientifico Vieusseux, nell'archivio Bonsanti. Noi abbiamo reperito le partiture editate, tra le quali Album 1914 e Vita dell'uomo». Durante uno degli appuntamenti verranno proposti frammenti della musica da lui scritta tratti da radiodrammi e balletti, come «Agenzia Fix», «Cristoforo Colombo» e «I dialoghi di Luciano». Ma il Savinio-compositore come viene classificato dai pochi specialisti e interpreti che se ne sono occupati? (l'unica incisione è forse quella realizzata del pianista Bruno Canino e il soprano Luisa Castellani del 1992, ndr).

«Musicalmente parlando non è certamente facile inquadrarlo continua a spiegare la studiosa . Un anticipatore che ha avuto rapporti con diversi, ma mai aderendo a una corrente precisa. Si può parlare di un marchio tutto suo». Ascoltando le registrazioni, a tratti viene in mente la percussività di alcuni lavori di Stravinskij -, a tratti le atmosfere di Satie; venne influenzato dalla poetica di Apollinaire, che insieme all'artista Ardengo Soffici era suo ammiratore; in più, un intento «trasgressivo» dal sapore futurista che non aderisce però al modo dei pionieri anti-classici di quel periodo, vedi il pittore-musicista Luigi Russolo, col suo intonarumori, e Francesco Pratella.

«La sua produzione, nel Novecento, si può dividere in tre fasi spiega Novati un primo periodo dal '12 al '15, poi un altro anno di attività negli anni Venti e infine dal '48 al '52». Il perché smise di comporre, di dedicarsi in generale alla musica, lui che comunque musicista lo era veramente in gioventù si era diplomato a pieni voti in Grecia per poi approdare per volontà della madre a Monaco di Baviera lo si intravvede nei suoi scritti che sono stati raccolti nel saggio «Savinio musicista il suono metafisico» pubblicato da Michele Porzio.

Nei suoi anni poco capito e accolto dal pubblico, forse lasciò anche per paura di essere travolto dalla musica a sfavore di quanto aveva da dire e disse con le altre arti.

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