Cronaca locale

La Regione boccia il Comune. "Il Piano moschee non va"

La giunta approva la delibera che contesta il progetto. L'assessore Foroni: "Risposte oppure andremo al Tar"

La Regione boccia il Comune. "Il Piano moschee non va"

La Regione boccia il Pgt del Comune di Milano e il suo «Piano moschee». Con una delibera approvata ieri, la giunta regionale ha emesso un parere molto duro sul Piano di governo del territorio di Palazzo Marino, adottato il 5 marzo scorso.

Stavolta, quindi, non si tratta di dichiarazioni politiche o di indirizzi maturati al Pirellone: il parere regionale varato su proposta dell'assessore al Territorio Pietro Foroni è un atto istituzionale e si inserisce nell'iter del principale strumento urbanistico del Comune, il Pgt, che comprende come parte integrante il Piano delle attrezzature religiose. Il Piano milanese, molto contestato, oggi prevede due luoghi di culto da realizzare ex novo (con ogni probabilità uno evangelico e uno musulmano) e quattro centri islamici da sanare: centri in cui oggi si prega già («informalmente» per il centrosinistra, abusivamente invece secondo il centrodestra). Oggi, dunque, questo Piano subisce uno stop.

«La Regione - spiega al Giornale l'assessore Foroni - valuta le carte che le arrivano e le esamina in sede tecnica. Lo ha fatto con Milano come avrebbe fatto con qualunque altro Comune. Si tratta di un atto che ha questa natura tecnica e non politica. Oltretutto noi ribadiamo le osservazioni già avanzate lo scorso anno in sede di Vas, osservazioni a cui il Comune non ha risposto».

Il parere regionale, per quanto concerne il Piano dei luoghi religiosi di Milano, si articola sostanzialmente su tre punti. Il primo riguarda le sedi di preghiera esistenti: non sono allegati i titoli abilitativi e manca la segnalazione di alcuni centri, lacune rilevanti per la Regione. Anomala risulterebbe per esempio l'indicazione del centro di via Maderna, quello turco. Il secondo punto concerne le nuove attrezzature religiose e il loro impatto infrastrutturale: non è dimostrato che siano rispettati i criteri previsti dalla legge regionale per quanto concerne, fra l'altro, strade e parcheggi. Questo aspetto riguarda anche la probabile/possibile moschea di via Esterle. Il terzo e ultimo punto attiene alle distanze minime che devono intercorrere fra i vari luoghi di culto: è chiaro che la giunta regionale, per non esporsi a ricorsi, non intende accogliere il suggerimento arrivato anche da componenti della maggioranza che chiedevano di indicare una distanza minima superiore a quella prevista dal Comune, con l'obiettivo pratico di invalidarne le previsioni. Al contrario, la Regione ritiene inopportuna l'indicazione di un'unica distanza per tutto il territorio del Comune (i 100 metri di Milano), a maggior ragione se ha le dimensioni e l'eterogeneità di una metropoli.

Insomma, con il suo voluminoso parere sul Pgt, licenziato con largo anticipo, la Regione conferma e approfondisce le critiche già avanzate: sulla realtà esistente rileva una documentazione carente, mentre la parte delle nuove attrezzature religiose la boccia per aver riscontrato solo generiche considerazioni sui collegamenti viabilistici e di trasporto pubblico con le aree individuate, ma senza le adeguate analisi sugli impatti ambientali e territoriali. Se si considera che le osservazioni riguardano la legittimità di alcune previsioni, la fascia di rispetto troppo rigida e poco motivata tra strutture nuove ed esistenti e infine le carenze sui parametri urbanistici previsti dalla legge (strade di collegamento adeguate, parcheggi e opere di urbanizzazione), risulta chiaro che il giudizio complessivo sul documento urbanistico di Milano è nettamente negativo.

Ora la palla torna di nuovo a Palazzo Marino. «Il consiglio comunale di Milano dovrà in qualche modo dare risposte - osserva Foroni - e nella discussione questo parere sarà un elemento di valutazione, nella disponibilità di tutti i consiglieri.

È chiaro che se il Comune dovesse decidere di andare avanti ignorando ancora questi rilievi potrebbe esporsi al rischio di impugnazioni di fronte al Tar, dove il parere regionale potrebbe diventare anche un elemento decisivo degli eventuali ricorsi».

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