Cronaca locale

La Russa: «Non c'è prova contro gli agenti L'accusa ha costruito un vero complotto»

Il senatore di Fdi si rimette la toga: «Seguo solo i casi che mi appassionano»

La Russa: «Non c'è prova contro gli agenti L'accusa  ha costruito un vero complotto»

Dice Ignazio La Russa: «Faccio solo i processi che mi piacciono. E quelli per cui mi pagano molto bene». Il processo per cui il senatore di Fratelli d'Italia si rimette la toga appartiene alla prima categoria: si tratta di difendere il poliziotto Pierfrancesco Colucci, imputato insieme a cinque colleghi e a due carabinieri per la morte di Giuseppe Uva. Il 15 giugno 2008 Uva morì all'ospedale di Varese, dopo una notte trascorsa in una caserma dell'Arma, dove era stato portato perché ubriaco e fumato, stava compiendo atti di vandalismo. In primo grado gli imputati vennero tutti assolti. Ma la Procura generale di Milano ha fatto appello.

Così, nella grande aula al primo piano del tribunale, si celebra il processo d'appello: che oggi arriverà a sentenza. Per gli imputati, il procuratore generale Massimo Gaballo - pur ammettendo che non ci sono prove che Uva venne picchiato - ha chiesto pene severe. L'uomo, secondo l'accusa, venne ucciso dallo stress emotivo dell'arresto. E l'arresto era ingiustificato. Per Colucci, l'accusa ha chiesto dieci anni di carcere. «É una storia che mi ha appassionato - racconta La Russa - perché nelle carte non ho trovato nulla contro questo poliziotto. Ho pensato che aveva diritto di essere difeso. Diciamo che fa parte di quel cinquanta per cento di processi che faccio non per soldi ma perché li voglio fare».

Per un politico a tempo pieno come lui, parlamentare ininterrottamente dal 1992, fare questi processi serve anche a non perdere del tutto la dimestichezza col vecchio mestiere di avvocato: «Ne faccio cinque o sei all'anno, d'altronde il mio studio legale ormai si occupa soprattutto di diritto civile, e per quello c'è mio figlio». Lui, Ignazio, si tiene i processi penali: ma solo alle condizioni di cui sopra. Così appare in aula per difendere gli agenti del G8 accusati di violenze o la sua amica Roberta Capotosti imputata di saluto romano; assiste il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, imputato di evasione, e si dichiara pronto a combattere in aula per Mario Cattaneo, l'oste lodigiano che nel marzo '17 uccise un ladro entrato in casa sua, e che ora è stato rinviato a giudizio. È con lo stesso spirito che La Russa affronta il processo per la morte di Uva. «Per chiedere la condanna degli imputati- dice La Russa, l'accusa ha dovuto inventarsi una sorta di gigantesco complotto- Del complotto dovrebbero avere fatto parte il pm varesino Agostino Abate (e fin qui va bene: «Abate ha sempre avuto comportamenti sopra le righe») ma anche ma magistrati impeccabili come Daniela Borgonovo, il procuratore della Republica che in primo grado chiese e ottenne l'assoluzione degli imputati».

«La verità - dice La Russa- è che Gaballo ha dovuto costruire un complotto per la debolezza degli strumenti accusatori a sua disposizione».

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