Cronaca locale

Salvini al campo rom trova bimbi e animali

Insediamento deserto e contestazioni di rito per la visita del leader leghista a Chiesa Rossa

Strade ordinate e pulite, lindi prefabbricati, bungalow e villette, alcune anche di una certa eleganza. Quasi un villaggio turistico. Invece siamo in fondo a via Chiesa Rossa, estremo lembo di Milano, dove vivono da anni circa 300 nomadi a spese della collettività: terreno pubblico, allacciamenti di acqua, luce e gas che ovviamente nessuno paga. E l'ultimo insediamento rom visitato da Matteo Salvini, nella più assoluta tranquillità, con comici siparietti con i residenti, qualcuno ha provato un dialogo, altri l'hanno insultato o applaudito ironicamente. «Se vinciamo le elezioni, tempo tre mesi e questo, come tutti gli altri sparisce» è il commento finale del leader del Carroccio.

Arriva alle 14 passate il segretario della Lega Nord, trovando ad attenderlo un imponente schieramento di agenti, carabinieri ma anche giornalisti, fotografici e operatori tv. Con il folto codazzo, Salvini si addentra nel campo stranamente deserto: piccoli cani abbaiano furiosamente, adolescenti fanno riprese con il cellulare, qualche giovane donna osserva curiosa. Ma nessun maschio adulto. Ci si inoltra in un atmosfera di serenità, tra costruzioni, ovviamente abusive, più che dignitose, e strade pulite. Quasi un oasi di serenità con maiali e galline che razzolano nei vialetti. In realtà si tratta di un dei campi più turbolenti della città. Basti ricordare le persone attirate nel campo con il miraggio di facili affari, derubate, picchiate e cacciate a pedate. O i raid punitivi contro chiunque osi insediarsi da quelle parti. Come un gruppo di africani pestati e presi a revolverate, lo scorso agosto. Naturalmente dopo aver bruciato le loro baracche.

«Non era necessario entrare con l'esercito, se voleva parlare poteva anche entrare da solo. Mica siamo tutti pregiudicati qui. Se io le dicessi che non lo sono?» azzarda Aldo, capo della prima parte del campo, in un serrato dialogo con Salvini. Be' forse Salvini farebbe meglio a non credergli: «Quello ha infranto tutti gli articoli del codice penale - commenta un investigatore presente sul posto - però bisogna dire che appartiene alla vecchia guardia. Massimo rispetto dei ruoli, quando lo arrestiamo non fa mai resistenza. «Sessant'anni di sacrifici per tirar su la mia casa» prosegue imperterrito il buon Aldo. Il giro prosegue con vari siparietti come davanti a una villetta che espone, in perfetto spirito bipartisan, anzi tripartisan, i vessilli di Cgil, Cisl e Uil. «Come mai queste bandiere?» chiede Salvini, ma come risposta gli arriva un «vaffa». Il «minimo sindacale» verrebbe da dire. Il segretario della Lega comunque non demorde, saluta tutti, chiede, si informa, sbircia dentro le villette, abbellite da cancelli in ferro battuto, leoni in pietra e cavalli rampanti. Ogni svolta cambiano i residenti: all'inizio i Deragna, tutto attaccato, più avanti i De Ragna, staccato, fuggiti da via Idro dopo una faida con i Braidic. Con un drammatico epilogo nel novembre del 2013 quando, nel corso di una rissa scoppiata nel parcheggio del San Raffaele, Luca Braidic, 49 anni venne sprangato a morte. Oltre gli Hudorovic. «Fossi un sindaco darei con anticipo lo sfratto, diciamo tre mesi di avviso, e poi vai con le ruspe» è il commento finale di Salvini uscendo dal campo seguito dall'applauso ironico di un gruppo di adolescenti. In fondo alla via ad attenderlo militanti del centro sociale Zam per la solita sequela di insulti. Quattro gatti.

Non se li fila nessuno.

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