Cronaca locale

La scuola dell'integrazione è vuota

Pisapia aveva lanciato l'appello ai genitori, ma alla fine gli iscritti al nuovo anno sono solo dodici

La scuola dell'integrazione è vuota

Un altro laboratorio arancione sbatte contro un clamoroso fallimento. Mentre la sinistra parla di temi e lancia campagne per l'integrazione, i milanesi prendono decisioni pratiche. Come non iscrivere i figli in una scuola in cui imparare anche solo l'italiano potrebbe diventare più difficile che in altre.

É l'altra faccia di Milano quella della elementare di via Paravia: dove l'integrazione diventa imposizione per una questione numerica e sono gli italiani a sentirsi in minoranza. E oggi si torna a parlarne ancora perché quest'anno scolastico ha collezionato soltanto 18 iscrizioni, ma all'appello della prima elementare si sono presentati soltanto in dodici. L'istituto conta ormai meno di cento alunni, pur calcolando tutte le classi insieme, e sembra destinato a rappresentare un altro laboratorio fallimentare della giunta Pisapia: esattamente come via Padova, anche la scuola di via Paravia è inflazionata dalla presenza di immigrati. Tanto che gli italiani preferiscono iscrivere i figli altrove: le altre scuole della zona infatti sono piene.

É come via Padova, zona dove non vive nessun assessore arancione, che doveva diventare laboratorio dell'integrazione e invece è diventata un posto dove l'Amsa non può nemmeno pulire senza il permesso degli immigrati. Lo schema si ripete: c'è un problema di integrazione, la sinistra ne fa un caso politico, ma poi i cittadini che vivono quella realtà agiscono in altra maniera. Anche in via Paravia Pisapia fu protagonista nel 2011 di uno scontro con l'allora ministro dell'Istruzione Gelmini. Secondo il primo cittadino, all'ora si esprimeva così, la chiusura «è una discriminazione» e «non si risolve così l'integrazione». Ed esortava poi i genitori della zona a «iscrivere i loro bimbi in quella scuola per superare il problema dal punto di vista tecnico, anche se» ha sottolineato lui per primo, «credo che il problema sia di natura politica». I genitori italiani hanno però preferito agire in maniera diversa, visto che poi sono i loro figli, e non quelli degli arancioni, a essere in classe con bambini che parlano solo arabo.

Le istituzioni comunque prendono tempo e oggi il provveditore visiterà l'istituto, seguito dall'assessore Francesco Cappelli, per valutare la situazione. Non sanno bene come agire.

Non c'è però molto da valutare: la situazione è la stessa da anni. I quartieri intorno sono abitati principalmente da pensionati, immigrati regolari e abusivi. E nel mezzo la scuola elementare. Un piccolo presidio, dove gli italiani sono sempre di più l'eccezione. Un processo che va avanti da anni e non risolvibile buttandola in politica: la questione è pratica come dimostrano le scelte dei milanesi. E come dimostra la scuola araba che, stando al Corriere, occupa abusivamente una parte dell'edificio. Cacciare gli occupanti non sarà possibile per la giunta arancione, sarà più facile che accada il contrario e che resti solo la scuola araba. D'altronde anche in questo caso la risposta dell'assessore Cappelli è rimandare. E intanto il preside Angelo Lucio Rossi rilancia la teoria del meticciato: «Paravia è un'opportunità, Milano deve avere luoghi di educazione al meticciato».

Ogni due o tre anni ci riprovano, ma i milanesi prendono altre vie.

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