Cronaca locale

Sgarbi: la mia rivoluzione per Expo

Il piano dell'«ambasciatore per la cultura»: a Milano i Bronzi e il Cenacolo aperto fino alle tre di notte

Sgarbi: la mia rivoluzione per Expo

«Non c'è alimento più alto della conoscenza». E «questa non dev'essere un'Expo degli ignoranti». Mancava solo il ciclone Sgarbi sull'esposizione 2015 già disastrata da inchieste e ritardi. Una nomina ad ambasciatore per le Belle arti voluta dal governatore Roberto Maroni che lo ha anche scelto per il cda di Palazzo Bagatti Valsecchi con l'indicazione a eleggerlo presidente. Prime richieste sono i Bronzi di Riace a Milano per l'Expo («in cambio di due Caravaggio») e aprire il Cenacolo di Leonardo fino alle 3 di notte raddoppiando fino a 50 il contingentamento degli ingressi cosicché «almeno un milione di visitatori invece degli attuali 330mila all'anno lo possano vedere». I permessi? «Se non ce li concedono, denuncio lo Stato per abuso d'ufficio».

Una rivoluzione copernicana nel sistema artistico ed espositivo perché «i veri padiglioni dell'Expo ci sono già e ogni nuova costruzione è solo uno spreco di denaro». Come per l'Expo Gate «il cui solo risultato - secondo Sgarbi - è aver occultato il Castello con tralicci costati 4 milioni». Quattro i «padiglioni naturali» come Palazzo Bagatti Valsecchi che ospita la santa Giustina de' Borromeis (1475) di Giovanni Bellini e si potrebbe arricchire di un'opera di Vincenzo Foppa («il più grande lombardo del Quattrocento») preso dagli Uffizi di Firenze, in cambio del san Benedetto che andrebbe a ricomporre il trittico di Antonello da Messina (che però per il periodo Expo sarà esposta al Bagatti Valsecchi). Poi il Cenacolo e Palazzo Clerici oggi dell'Ispi e «visto da mille persone all'anno, mentre custodisce un sublime soffitto del Tiepolo oggi non visibile e il Legnanino». L'architettura barocca di Palazzo Litta, «3mila metri del ministero inutilizzati» che per Sgarbi ospiterà collezioni private come quella Terruzzi e parte della sua e di fronte san Maurizio, scrigno di Bernardino Luini e Antonio Boltraffio. Un caleidoscopio d'arte completato dal Michelangelo della Pietà Rondanini, Bramante di santa Maria delle Grazie e santa Maria presso san Satiro «la cui abside è il rinascimento italiano nella sua più alta essenza». Ma anche Varallo e i Sacri monti, Palazzo Te a Mantova, il Vittoriale di Gabriele d'Annunzio, il falsario Alceo Dossena a Cremona, Palazzo Vertemati a Chiavenna, casa Ludovico Pogliani a Varese. «Proposte interessanti che valorizzano tanti aspetti culturali, anche nascosti, della nostra Lombardia» dice Maroni che domani incontrerà il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini a cui chiederà i Bronzi di Riace e il Cenacolo aperto di notte.

Ma Sgarbi è anche pronto a denunciare il «danno per Milano e il furto all'Erario» per i 750mila euro dati da Expo a Germano Celant per la mostra Arts and food . «Un prezzo fuori da ogni mercato per un critico di nessun valore».

Visto che «le normali consulenze sono di 30-40mila euro».

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