Cronaca locale

Sopralluogo in moschea. Ma ad aprire c'è l'imam che difendeva i "martiri"

La commissione nel centro di Cascina Gobba. E fra i padroni di casa Usama El Santawy

Sopralluogo in moschea. Ma ad aprire c'è l'imam che difendeva i "martiri"

Un ospite imbarazzante per la moschea di Cascina Gobba. Un imam discusso e controverso, Usama El Santawy, che ieri - insieme a un altro dirigente islamico - ha accolto i consiglieri comunali che fanno parte della commissione urbanistica del Comune, organismo che sta discutendo il piano delle attrezzature religiose inserito nel Pgt. Il piano prevede la sanatoria di quattro centri di preghiera: via Maderna, via Gonin, via Quaranta e - appunto - via Padova 366, che peraltro ha una storia particolare, essendo stato in passato al centro di un contenzioso legale fra due associazioni islamiche. Il centrosinistra ha pochi dubbi nel portare avanti il Piano. «Questa moschea - ha detto Angelo Turco (Pd) - diventerà completamente regolare: la grande sala che vedete nelle foto si riempie ogni venerdì di fedeli musulmani. Purtroppo la normativa regionale è assurdamente restrittiva e comporterà grosse difficoltà per molto altri luoghi di culto da regolarizzare, afferenti a ogni credo religioso».

La norma regionale è restrittiva (guistamente, per qualcino), ma a sinistra troppi, partendo da un legittimo sì alle moschee sottovalutano un tema centrale: la credibilità degli interlocutori. Molto sorpreso nel trovare Santawy nel ruolo di Cicerone è stato, al contrario, Matteo Forte, il consigliere di «Milano popolare» (ex Pdl) che conosce bene l'islam politico e le sue discutibili ambiguità. Il personaggio Santawy è controverso, ma certamente non si può dire che figure simili siano un biglietto da visita che rassicuri. In uno studio curato per l'Ispi, uno dei massimi esperti di estremismo, Lorenzo Vidino (direttore di un programma di ricerca alla George Washington University) lo definisce fra i protagonisti della «scena autoctona salafita», anche se riferisce che lui «non si definisce un salafita puro». Grande oratore in arabo e italiano, conferenziere, telepredicatore, Santawy è stato protagonista di alcune clamorose dichiarazioni che adesso lui derubrica a malintesi o peggio. Dichiarazioni in cui, in sostanza- spiega Vidino - legittimava come «jihad legittimo» la partecipazione al conflitto siriano. E mostrava «comprensione» per i combattenti europei. «Nel Corano c'è scritto che la guerra è odiata dall'uomo, ma che a volte è costretto a farla» ha detto in un'intervista al Fatto, mentre in una lunga intervista a Linkiesta parlava in questi termini di Giuliano Delnevo, il genovese convertito e partito per la guerra in Siria, dove ha trovato la morte: «Noi lo vediamo come uno shahid, un martire, chi combatte sinceramente per la causa» diceva, e «appena finisce la guerra merita che gli si dedichi una via in tutti centri abitati siriani». L'esperto, Vidino, precisa che «non ci sono indicazioni che El Santawy abbia mai partecipato ad alcuna attività terrorista o che le abbia incoraggiate o ne sia venuto a conoscenza». E lui, l'imam, ha rivelato un anno fa di aver denunciato un reclutatore che lo aveva contattato nel 2015 quando era imam a Cinisello Balsamo. «Ho provato a spiegargli che la violenza non ha nulla in comune con la nostra fede» ha raccontato, spiegando il passo. Santawy ora è fra i protagonisti delle attività del centro di Cascina Gobba, che forse poteva trovare un testimonial migliore. Osserva Forte: «La qualità degli interlocutori che chiedono di essere riconosciuti e legittimati non può rimanere un tema evaso dal Comune nella discussione sul Pgt: El Santawy, che ho avuto modo di incontrare come imam nel sopralluogo di ieri è spesso entrato nell'occhio del ciclone per alcune frequentazioni (come quella con Musa Cerantonio (predicatore radicale e star della web-jihad, ndr) o certe dichiarazioni, come quella riportata in un'intervista sul presunto martirio di Giuliano Delnevo». «Lui - ha proseguito Forte - a mia domanda ha risposto che è stato fatto cadere in un tranello giornalistico», ma - ha osservato il consigliere - «ancora una volta il tema non è il mero rispetto di norme urbanistiche, ma capire che tipo di islam queste realtà intendono rappresentare.

Non può essere confinato tutto ad una curiosità pruriginosa di un consigliere d'opposizione».

Commenti