Cronaca locale

Dalla Stazione agli altari: Fratel Ettore diventa beato

Un vecchio furgone sgangherato, l'immancabile rosario appeso, l'immagine di Cristo sofferente sulla fiancata, la statua della Madonna sul tetto. Alla guida il religioso camilliano Ettore Boschini, che raccoglieva poveri, malati di mente ed emarginati sul ciglio della strada e li convinceva a seguirlo nel suo rifugio alla Stazione Centrale. Nella Messa di Natale celebrata tra i binari aveva portato panettone e spumante per festeggiare con i suoi amici.
Oggi Fratel Ettore, morto nel 2004, si avvia sulla strada della santità. Quella canonica, perché la vox populi lo chiamava santo già in vita, quando il suo nome era diventato il simbolo dell'anima accogliente di Milano. La conferenza episcopale lombarda ha approvato l'iter per l'introduzione alla causa di beatificazione. Il primo passo perché fratel Ettore diventi beato: adesso si attende il miracolo, il segno dal cielo che approva il lavoro della Chiesa sulla terra.
La sua missione era «aiutare il fratello a vivere la sua povertà con decoro», «la povertà che merita la beatitudine del Signore». Molta concretezza e poca retorica nel modo in cui serviva latte caldo o una tazza di caffè ai barboni che non volevano abbandonare i letti accomodati all'aperto tra coperte e lenzuoli. Persone che pian piano accettavano di essere lavate e rivestite, tornavano a desiderare un pasto decoroso, una casa pulita, una vita in amicizia. Quei due grandi magazzini rimessi a nuovo erano diventati una «cattedrale»: la mensa per altare e i cartoni come panche nella navata sotto la Stazione.
«Se con i vostri soldi volete toglierci la nostra povertà, tenetevi i vostri soldi e noi ci teniamo la nostra povertà» diceva alle persone che andavano in visita al frate vestito con un abito nero con la croce scarlatta sul petto. Accoglieva tutti con lo stesso affetto e quando litigava con qualcuno, per fare pace lo inseguiva per pregare insieme.
Quando si ammalò, all'ospedale invitava a pensare ai veri malati, che sono in strada, mentre lui era in un letto grazie all'Usl, privilegio non per tutti. E quando il Rifugio alla Stazione, inaugurato nel 1979, nel 2009 chiuse perché inagibile, ad Affori era già in piena attività il Villaggio della Misericordia, che oggi ospita cento diseredati. La casa madre dell'Opera Fratel Ettore è Casa Betania di Seveso: ospita oltre cinquanta senzatetto, che arrivati lì vi restano per sempre, restituiti a una vita di povertà beata.
Diceva: «Non ho mai pensato che non posso cambiare nulla, ho sempre pensato che cosa posso fare in quel momento, in quel giorno, in quell'incontro». Da malato non riusciva a dormire e recitava il rosario anche di notte. «Per tutti, per le anime consacrate, per le famiglie, per i bambini non nati, per quella spaventosa voragine rappresentata dagli aborti: quale mondo ci aspetta se non rispettiamo i comandamenti?».

Così domandava Fratel Ettore degli ultimi.

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