Cronaca locale

Stuprò quattro donne alle pompe di benzina

L'italiano 35enne incastrato dal Dna ricavato dai guanti con cui immobilizzava le vittime

Stuprò quattro donne alle pompe di benzina

Teneva d'occhio in maniera quasi maniacale i distributori di benzina della zona intorno a Legnano (in un raggio non superiore agli 11 chilometri) riuscendo a scegliere tra le giovani donne che andavano a fare rifornimento, una vittima corrispondente al suo cliché: bionda, di bassa statura, piuttosto longilinea e non oltre i 30 anni. Prima di abusarne non esitava a sequestrarla trascinandola via con sé a bordo della vettura della donna sulla quale era salito velocemente e seguendo una sorta di rito fatto di minacce, modi violenti e accorgimenti «tecnici». «È meglio che fai tutto quello che ti dico e non urli perché sono ricercato dalla polizia» sibilava afferrando le malcapitate alle spalle per i capelli e con le mani rigorosamente coperte da guanti in lattice e il volto nascosto da un passamontagna. Per costringerle poi ad allontanarsi insieme per potersi appartare in una zona isolata dove stuprarle in tutta tranquillità. Sì perché il pregiudicato italiano di 35 anni che era già rinchiuso in una cella del carcere di Busto Arsizio per scontare una condanna per rapina, da ieri è accusato anche di sequestro di persona, violenza sessuale e lesioni grazie al lavoro degli «specialisti» della polizia Scientifica di Milano unito a quello degli investigatori dei commissariati di Legnano e Busto Arsizio, è accusato di ben quattro stupri. Avvenuti tra gennaio e aprile, tutti in località del perimetro del Parco Alto Milanese, tra le province di Varese e Milano: a Busto Arsizio, Parabiago, Villa Cortese e Castellanza.

L'accorgimento dei guanti di lattice in realtà ha costituto la débâcle dello stupratore. A inchiodarlo alle sue responsabilità è stato infatti proprio un frammento del guanto trovato all'interno dell'auto del primo stupro, a Busto Arsizio e dal quale la Scientifica è riuscita a isolare il profilo genetico di un uomo. Un Dna che è stato comparato a quello del 35enne, prelevato dagli investigatori con il via libera del pm Massimo De Filippo mentre l'uomo era in già carcere per altri reati e risultato lo stesso.

Le indagini erano partite ovviamente dal primo stupro, quello di Busto. Giunti in uno sterrato isolato, dopo che l'uomo l'aveva costretta a baciarlo, la vittima allora era riuscita a divincolarsi e a fuggire, chiedendo l'aiuto di una «Volante» di passaggio mentre il 35enne si era dileguato correndo nelle zone boschive del Parco Alto Milanese, riuscendo a far perdere le proprie tracce. Oltre al ritrovamento del guanto da cui la Scientifica ha ricavato il Dna del maniaco seriale, fondamentale per l'inchiesta è stato anche lo scambio di informazioni con il commissariato di Legnano dove la polizia stava indagando su due episodi simili per modus operandi avvenuti a febbraio e ad aprile rispettivamente a Parabiago e a Villa Cortese e sempre lungo il perimetro del parco. Dopo l'acquisizione del profilo genetico e il confronto sospetti sono ricaduti perciò sul trentacinquenne, residente nel legnanese mentre era sottoposto a libertà vigilata e successivamente trasferitosi a Milano. Anche in questo secondo episodio l'aggressore aveva agito con passamontagna e guanti in lattice, scegliendo un distributore di benzina per aggredire una donna sola. Salito sull'auto, anche in questo secondo caso il bandito aveva costretto la vittima ad allontanarsi in una zona più riparata dove l'aveva violentata.

Gli elementi acquisiti Hanno permesso di addebitare al 35enne un altro episodio analogo avvenuto a Castellanza e da cui emerge la serialità del suo comportamento.

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