Cronaca locale

Tangenti per una cava: Compagnia delle opere nel mirino dei giudici

A leggerla adesso, col senno di poi, quella delibera sembra scritta in quel linguaggio assirico-burocratese dietro il quale può nascondersi qualunque nequizia.

É la delibera con cui nell'aprile 2011 la giunta regionale lombarda fornì, districandosi in un labirinto di sigle e di commi, la sua interpretazione delle normative sulle cave trasformate in discariche. La conseguenza concreta della delibera fu che a Cappella Cantone, vicino Cremona, una vecchia cava dismessa venne aperta anche all'amianto, nonostante le proteste degli abitanti. La delibera, sostiene oggi la Procura della Repubblica, fu comprata dai titolari della cava corrompendo e distribuendo tangenti. Negli atti dell'inchiesta, il pubblico ufficiale che avrebbe spianato la strada all'amianto non ha un nome. Ma vengono indicati i complici che avrebbero fatto da intermediari: ovvero i vertici bergamaschi della Compagnia delle opere, braccio nel business di Comunione e Liberazione.

Il problema è che a portare la delibera all'esame e all'approvazione della giunta non fu né l'assessore all'ambiente Marcello Raimondi né quello al territorio Daniele Belotti: ma direttamente il presidente Roberto Formigoni. Ciellino doc, come i due dirigenti della Cdo Rossano Breno, presidente della Compagnia, e il suo vice dell'epoca Luigi Brambilla che ieri ricevono avviso di garanzia e perquisizione della Finanza. Breno e Brambilla avrebbero ottenuto lavori a prezzo di favore per la realizzazione di una scuola legata alla Cdo dallo stesso imprenditore proprietario, attraverso la Cavenord, della discarica di Cappella Cantone. Cioè Pierluca Locatelli, già finito in carcere per le tangenti all'assessore Pdl Nicoli Cristiani. È stato lo stesso Locatelli nel gennaio scorso a raccontare l'episodio della scuola, senza metterlo direttamente in relazione con la delibera ma inserendolo nel contesto di uno scambio di favori con Cl.
Perché Roberto Formigoni si prese la briga di portare personalmente e da solo in giunta la delibera cara a Cl, è la domanda cui l'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo (e la cui esistenza era stata anticipata sull'Espresso e sulla stampa locale) dovrà ora cercare di trovare risposta. La delibera porta il numero 1594 e riguarda formalmente «il coordinamento delle procedure amministrative di autorizzazione di impianti di gestione dei rifiuti da localizzarsi in ambiti estrattivi dei piani cave vigenti», ma in realtà sembra tagliata su misura per la cava di Locatelli a Cappella Cantone. La discarica è autorizzata nel cosiddetto «piano cave» a ricevere macerie provenienti da demolizioni, ma il proprietario preme per allargare l'autorizzazione al cemento amianto, definito «rifiuti speciali non pericolosi».

É un business grosso, quello dell'amianto, perché entro il 2005 la Lombardia dovrebbe smaltire tutte le migliaia di tonnellate di materiale tossico presenti sul suo territorio. Con la delibera di giunta dell'aprile 2011, ottiene quello che vuole. Solo il sequestro dell'area, nel dicembre dello stesso anno, impedì che l'amianto arrivasse a Cappella Cantone.

Il primo velo sulla vicenda della discarica lo ha sollevato lo stesso Locatelli, il titolare della cava, rivelando di avere versato centomila euro e averne promessi altri centomila a Franco Nicoli Cristiani, ex assessore Pdl, consigliere (ora dimessosi) e uomo forte del centrodestra a Bergamo.

Ma Nicoli era utile per sbloccare l'iter burocratico: per avere l'okay politico, a Locatelli servivano altri contatti.

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