Cronaca locale

Tentò di estorcere biglietti. Capo ultrà della Juve nei guai

Per Grancini, storica guida dei Viking, la condanna a 5 anni e mezzo: minacciò titolare del punto vendita

Tentò di estorcere biglietti. Capo ultrà della Juve nei guai

Una stangata senza precedenti per il «lato oscuro» del calcio, il mondo dove tifoserie ultrà e crimine si intrecciano in un groviglio di affari. La sentenza emessa ieri dalla sesta sezione del tribunale colpisce, aumentando robustamente le condanne chieste dalla Procura della Repubblica, un settore particolare degli ultrà milanesi: quelli di fede bianconera, la colonia sotto la Madonnina della curva bianconera. I suoi tre massimi rappresentanti vengono riconosciuti colpevoli di avere taglieggiato l'agenzia che vendeva a Milano i biglietti per l'Allianz Stadium torinese. È una imputazione che porta dritto dentro uno dei business principali delle curve, la gestione e la rivendita dei biglietti.

Era quella, secondo l'indagine del pm Enrico Pavone, una delle maggiorie entrate dei Viking, il principale club bianconero a Milano, e dei loro alleati brianzoli del Nucleo. Quando la Juventus, investita dallo scandalo dell'inchiesta Alto Piemonte, decide di tagliare i rapporti con i capicurva, anche i Viking si trovano a secco di entrate. E per aggirare l'ostacolo vanno a fare la voce grossa con la Easy Events, l'agenzia che a Milano ha la licenza per vendere i biglietti dell'Allianz e che (secondo quanto emerso nel processo) i Viking consideravano «cosa loro».

A minacciare il titolare dell'agenzia, Roberto Pano, era soprattutto una delle figure più note e a suo modo carismatiche della curva bianconera: Loris Grancini, capo indiscusso dei Viking. Accanto a lui il suo «vice» Christian Mauriello e il capo de «Nucleo», Christian Fasoli. Nella sua requisitoria, il pm Pavone aveva chiesto quattro anni di carcere per Grancini, il tribunale gliene dà cinque e mezzo; Mauriello si vede la pena addirittura raddoppiata, da due anni e mezzo a cinque; idem per Fasoli, che da una richiesta di due anni passa a una condanna a quattro. Decisioni severe che raccontano come i giudici si siano convinti che anche se Grancini era il leader, gli altri due ultrà gli facessero da spalla anche quando non erano direttamente coinvolti.

Oltre alla denuncia di Roberto Pano, contro gli imputati hanno pesato le testimonianze di dirigenti juventini come il responsabile dei rapporti con i club, Alberto Pairetto, e il capo della biglietteria Stefano Merulla. Nelle irruzioni nella sede della Easy Events, per costringere Pano a cedere loro pacchi di biglietti, i tre erano accusati di avere impiegato un linguaggio da racket, «bello qui, chissà come brucia», oppure «chissà se riuscirai a festeggiare il compleanno di tuo figlio». Quando si presenta da Pano per avere i biglietti di Juventus-Crotone, la partita della festa scudetto 2017, Grancini butta lì una frase: «Ci servono per i calabresi di Corisco». Per la parte civile, rappresentata dagli avvocati Alessia Egidi e Lodovico Mangiarotti, è un riferimento esplicito ai clan malavitosi dell'hinterland. Per Grancini, un innocuo riferimento a due suoi amici corsichesi.

I fatti vanno dal 2015 al 2017, e nel frattempo, durante le indagini e il processo, due degli imputati hanno affrontato altri guai giudiziari. A Grancini è arrivata la condanna definitiva a undici anni per un tentato omicidio in piazza Morbegno (lì il tifo non c'entrava, era solo un regolamento di conti malavitoso) ed è stato portato in carcere a scontare la pena; Fasoli è stato arrestato e poco dopo scarcerato nell'inchiesta della Procura di Torino che ha scoperchiato l'intero sistema di ricatti e minacce da parte dei club alla Juventus.

Il conto, insomma, inizia a farsi pesante, ed è il segnale che la Procura ha deciso di mettere le mani con decisione sulla deriva criminale delle tifoserie organizzate. Certo, fa un certo effetto pensare che la Procura milanese indaghi sulle tifoserie juventine e non sugli ultrà di Inter e Milan, che fanno esattamente le stesse cose.

Anche perché se Grancini, come è emerso nel corso del processo, come capo ultrà guadagnava cinquemila euro al mese, i suoi colleghi rossoneri e nerazzurri non sono affatto da meno.

Commenti