Cronaca locale

La tragedia del selfie: un'inchiesta studierà le carenze di sicurezza

I giovani sono saliti sul tetto indisturbati e ora i giudici vogliono capirne le ragioni

Luca Fazzo

Una tragedia che innesca angosce e interrogativi: anche se forse alla fine ci si dovrà arrendere alla realtà più cruda, e cioè che ad uccidere a quindici anni Andrea Barone, volato sabato notte dal tetto di un centro commerciale a Sesto, sono state stata solo l'irrequietezza della sua età, la voglia di sfida, la certezza inossidabile che tutto andrà sempre e comunque bene. Ma intanto c'è un morto, ed è dovere della giustizia capire se davvero - a dispetto della voglia di fare e strafare di Andrea e dei suoi amici - quella morte non si potesse evitare. Così la Procura di Monza ha aperto una inchiesta contro ignoti per omicidio colposo.

In queste ore, i poliziotti di Sesto stanno ricostruendo le ore della serata di sabato, quando il gruppo di ragazzi esce con l'amaro in bocca da San Siro, con negli occhi la brutta sconfitta dell'Inter, e si dirige verso il centro «Sarca». Cosa li spingeva, qual era l'obiettivo? Era la gara al selfie più assurdo, come si è detto nelle prime ore, o semplicemente, come ipotizza il padre di Andrea, volevano fare qualche foto dall'alto allo spettacolo che si teneva al Carroponte, l'area per concerti che sorge sulla vecchia Breda?

Sta di fatto che su quel tetto la combriccola è riuscita a salirci indisturbata: nessuna porta da scassare, nessun controllo da aggirare. Che è potuta restarci. E che su quel tetto si apriva la buca del condotto di aerazione in cui Andrea è caduto ed è precipitato per decine di metri, a velocità sempre più alta, fino allo schianto finale. È proprio su questa assenza di controlli e misure di sicurezza che si sta concentrando l'inchiesta decisa dal procuratore della Repubblica, Luisa Zanetti, che nel pomeriggio di ieri, dopo avere letto il primo rapporto del commissariato di Ps, ha disposto l'apertura del fascicolo.

È, per ora, solo una inchiesta-contenitore, un fascicolo per compiere gli accertamenti necessari a chiarire del tutto i fatti. Ma è il segno che alcuni commenti crudeli seguiti alla morte di Andrea («se l'è cercata», e simili) non tengono in conto il dovere di chiunque possieda una struttura, specie aperta al grande pubblico, di mantenerla in condizioni di sicurezza, e di impedire che singoli gesti avventati possano avere conseguenze tragiche.

Non c'è, per ora, sul tavolo degli inquirenti l'altro tema possibile: la colpa dei compagni di Andrea, dei ragazzi che si trovavano con lui e che non gli hanno impedito di mettersi in pericolo. A Parma, tre anni fa, in un caso quasi identico i giovani sopravvissuti finirono sotto inchiesta.

Ma la Procura di Monza, almeno per ora, ritiene che lo choc e il rimorso che gli amici di Andrea vivono in queste ore siano già la punizione più grave per ragazzi che hanno visto una serata di allegria e sciocchezze trasformarsi sotto i loro occhi in una tragedia senza ritorno.

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