Cronaca locale

Quel trampolino della lirica per bacchette e ugole d'oro

Ecco i giovani soprani, tenori e direttori d'orchestra che grazie al Piermarini sono ormai star mondiali

Quel trampolino della lirica per bacchette e ugole d'oro

Il sovrintendente Alexander Pereira ha il suo bel da fare a convincere le grandi ugole a cantare alla Scala. Il rischio di esser fischiati e/o buati è in agguato: da sempre. La Scala è una tigre crudele, affascinante ma pure capace di slanci di generosità. Stronca, però quando lancia offre garanzie a vita. Non pochi artisti hanno avuto il loro trampolino di lancio proprio qui. Nel nuovo millennio è eclatante il caso del mezzosoprano Anita Rachvelishvili la fanciulla georgiana che, venticinquenne, passò dalle aule dell'Accademia scaligera alla prima della Scala del 2009. Prescelta il per ruolo del titolo, Carmen, ne uscì vincente. In una sera la vita mutò. Bella voce, bella testa, piedi saldi a terra, la Rachvelishvili ha costruito un carriera solida, il NY Times l'ha posta fra gli artisti top del 2018. Dalla giovanissima Anita, alla quasi quarantenne Saioa Hernandez: soprano che a dispetto delle qualità, ha operato nei teatri di provincia, ma dopo l'esordio in Attila, per l'ultima apertura di stagione, è passata subito alle agenzie attive con i teatri d'alta gamma. Una carriera, la sua, che ci ricorda quella di Jonas Kaufmann: il più grande tenore di oggi, uscito alla ribalta piuttosto tardi. E' Made in Scala il soprano Pretty Yende, attivissima nelle stagioni milanesi del 2011 e 2012, ha poi iniziato a viaggiare. In questi mesi si divide fra il Metropolitan, la Deutsch Oper Berlin e Opéra di Parigi, tanto per chiarire la tipologia di carriera.

La Scala crea esordi, ma pure sdogana. E' accaduto al tenore Yusif Eyvazov , reo d'essere il marito della celebre Anna Netrebko che appena può chiede di cantare con lui. Eyvazov non è il Caruso del Duemila, ma sicuramente un buon tenore: e la Scala l'ha riconosciuto andando oltre gli inevitabili pregiudizi del tenore consorte. Con i direttori d'orchestra cambia il discorso. In un teatro come la Scala, il podio va affidato a chi non ha nulla da dimostrare. Un direttore deve tener testa alla buca d'orchestra, alla squadra di cantanti, al coro, non da ultimo deve proteggere l'opera dalle eventuali follie di quei registi che vorrebbero trarre da libretto e partitura (che in genere non sanno leggere) significati reconditi, ovvero inesistenti, facendo attualizzazioni o trasposizioni strampalate. In breve, nel golfo mistico scaligero è meglio arrivare con opere adeguate ed esperienza. In tal senso, si attende Michele Gamba, direttore trentenne uscito alla ribalta nel 2016 per una sostituzione all'ultimo minuto. Entra in punta di piedi, dirigendo Elisir d'amore di Donizetti. Furono invece un azzardo i lanci di giovani poi usciti tramortiti da tanto ottimismo o incoscienza. Il caso di Omer Meir Wellber o Andrea Battistoni impegnati in opere sacre come Tosca, Aida, Carmen, Nozze di Figaro. Il giovane elvetico Lorenzo Viotti è sotto osservazione, s'è fatto conoscere a Milano entrando dalla finestra della Filarmonica della Scala. E' assennato, procede per gradi, al suo debutto in primavera è piaciuto al pubblico e all'orchestra. Lo si attende al varco col titolo giusto.

E' nato in Scala Jacopo Tissi, ballerino tornato sulle tavole scaligere in settembre, in occasione della tournée del Corpo di Ballo del Bolshoi di Mosca, compagnia che se lo tiene ben stretto.

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