Cronaca locale

Troppi precari per garantire il malato

Il futuro di medici e pazienti in ospedale: le polemiche tra i camici bianchi

di Roberto Carlo Rossi*

Da alcuni mesi circola nei media una rappresentazione fuorviante del dibattito al consiglio direttivo dell'Ordine dei Medici di Milano che vedrebbe una contrapposizione tra gli interessi professionali dei medici di medicina generale e quelli dei medici ospedalieri. Su 15 membri, tre medici ospedalieri (in pensione o attivi) (in aggiunta a un odontoiatra), da qualche tempo hanno espresso giudizi negativi sulle decisioni assunte dalla maggioranza della quale hanno fatto parte per ben due mandati e con la quale, nell'immediato passato, hanno condiviso programmi e campagne elettorali. Posizioni legittime, anche se non condivisibili, ma che poco hanno a che fare con la suddetta contrapposizione.

L'Omceo ha denunciato le vessazioni che i medici sopportano in reparto e si è impegnato sul fatto che sono colpiti da cause inutili e persecutorie. Unico in Italia, ha denunciato il dilagare del precariato medico che coinvolge in misura crescente la componente femminile. Il tutto aggravato dal fatto che, a fronte di due pensionamenti, viene assunto, in media, meno di un medico, portando al collasso i reparti e aggravando il logorio psicofisico dei dipendenti ospedalieri, soprattutto nel settore pubblico.

Nel campo della libera professione Omceo, di nuovo unico in Italia, ha assunto una posizione intransigente a difesa della deontologia nei messaggi pubblicitari, che spesso invece risultano diretti all'accaparramento della clientela con tecniche di marketing spinto. Anche di recente siamo stati i primi a commentare negativamente la nuova legge sulla concorrenza che consente alle società commerciali di esercitare direttamente l'odontoiatria.

Vi può essere però un'ulteriore spiegazione dell'atteggiamento di alcuni consiglieri che ha molto a che fare con il posizionamento politico. La Regione ha messo in campo una nuova modalità di presa in carico dei pazienti cronici. La riforma prevede che il paziente firmi un contratto che lo vincola a fare gli accertamenti ove il suo gestore che, difficilmente sarà il medico di famiglia, vorrà e con i tempi e i modi decisi in base a un piano assistenziale standard. Il resto, i pazienti dovranno pagarselo con un'assicurazione sanitaria privata o con i fondi integrativi dei contratti di lavoro. La riforma limita la tanto sbandierata libertà di scelta del cittadino, che mette in discussione la gratuità e l'universalità delle cure e registra il manifestarsi di crescenti perplessità sia da parte di medici di medicina generale, che di specialisti ambulatoriali, che ospedalieri. Anche perché, i reparti ospedalieri si troveranno un notevole afflusso di pazienti cronici che ben difficilmente riusciranno a fronteggiare, visti i carichi di lavoro da sopportare proprio per la cronica mancanza di personale. Di fronte a queste argomentazioni, condivise anche da autorevoli società scientifiche e studiosi dei sistemi sanitari, che poco o nulla hanno a che fare con gli interessi dei medici di famiglia, ci sono state solo contestazioni aprioristiche, senza quasi mai entrare nel merito, da parte dei componenti dissocianti del Consiglio Direttivo.

Questi, invece, saranno i temi che personalmente metterò al centro del programma per il prossimo rinnovo degli organismi statutari che, incurante dei fastidi politici che potranno procurare a destra o a sinistra, e sui quali inviterò a pronunciarsi con il voto tutti i medici, indipendentemente dai loro ruoli e dalle funzioni svolte.

*Presidente dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano

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