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Deif, il mezzo uomo di Hamas regista della guerra a Israele

Guercio, senza gambe e braccia dopo tre tentativi di eliminarlo da parte di Tel Aviv Vive nei tunnel di Gaza trasportato dai suoi fedelissimi. Ma è la mente degli attacchi

Deif, il mezzo uomo di Hamas regista della guerra a Israele

Di lui restano un volto guercio e un busto ricamato di piaghe. L'occhio se lo son portato via le schegge israeliane. Le stesse che gli han sbranato mani e braccia, gambe e piedi trasformandolo in un menomato e infermo joker degno della galleria dei cattivi di un film di Batman. Eppure quel mezzo uomo, quel viso sfregiato, quel troncone inerte appoggiato al cuscino d'una carrozzella è ancora il cervello della guerra ad Israele. Il nemico numero uno che tutti, dai capi dello Shin Bet al premier Bibì Netanyahu, dal capo di stato maggiore Benny Gantz fino all'ultimo fantaccino di Tsahal vorrebbero veder incenerito. Peccato solo che di lui non esista neppure una foto. L'ultima immagine del capo delle Brigate Ezzedin Al Qassam, l'ala militare di Hamas, è una sbiadita foto tessera dei primi anni 90. A quel tempo il padrino di tutti i kamikaze, il grande architetto dei tunnel, la mente della sfida missilistica allo stato ebraico è ancora un numero due alla corte dei grandi maestri del terrore. Vent'anni dopo loro sono tutti morti e sepolti. E lui il 54enne Mohammed Deif, sopravvissuto a tre o forse cinque tentativi d'eliminazione, è l'ultimo a poterne raccontare le terribili imprese. In quei primi anni Novanta Mohammed è già al fianco di Yahya Ayyash, l'«ingegnere» inventore degli uomini bomba di Hamas. Assieme seminano il terrore sui bus di Tel Aviv e Gerusalemme trasformandoli in trappole mortali per civili ignari.

Quando nel 1996 un telefonino imbottito d'esplosivo decapita il suo mentore Mohammed diventa il braccio destro di Salah Shehade, secondo grande capo dell'ala militare. A garantirgli una rapida promozione arriva la bomba da una tonnellata che il il 22 luglio 2002 polverizza l'abitazione di Shehade e famiglia. La promozione equivale a una condanna a morte. La prima zampata dello Shin Bet arriva due mesi dopo quando un missile Hellfire incenerisce l'auto di Deif a nord di Gaza. Ancora oggi i capi dello Shin Bet si chiedono come Deif sia sopravvissuto ad un missile progettato per fondere la corazza di un blindato. Nelle immagini scattate dopo il blitz s'intravvede un uomo scarnificato uscire strisciando sui gomiti da un auto in fiamme. Quell'uomo senza più un occhio e dal corpo martoriato è Mohammed Deif. La sua fama di immortale si rafforza nel settembre 2003 quando sopravvive alla bomba sganciata sull'ultimo piano di una casa dove è riunito con gli altri capi di Hamas. L'ultima partita con la morte, quella in cui ci rimette braccia e gambe, se la gioca nel luglio 2006 quando un altro ordigno da 250 chili interrompe un'altra sua riunione. Rattoppato alla meglio all'ospedale di Gaza traghettato in Egitto attraverso i tunnel resta per tre mesi tra la vita e la morte mentre una squadra di chirurghi amici riduce le lesioni alla colonna vertebrale e le mutilazioni agli arti.

Per un po' Deif sembra precipitare nell'ombra. Al suo posto si siede il suo vice Ahmad Jabari mentre il nome di Deif scompare. Qualcuno in Israele scommette sulla sua morte. In verità dietro quell'eclissi si cela una metamorfosi ancora più pericolosa. Incapace ormai di seguire l'operatività quotidiana Deif forgia le strategie destinate a cambiare il volto di Hamas, a trasformarlo da armata di kamikaze in autentica macchina da guerra. Grazie ai rapporti privilegiati con i Pasdaran iraniani ed Hezbollah Deif organizza il riarmo missilistico dell'organizzazione, progetta la rete di tunnel usata oggi non solo per importare armi e garantire la sicurezza di arsenali, dirigenti e capi militari, ma anche per infiltrare il territorio nemico. A restituirgli la piena sovranità ci pensano, ancora una volta, i missili israeliani che nel 2012 inceneriscono Jabari. Da allora Mohammed Deif, il mezzo uomo, la mente invisibile, torna a dettar legge. Secondo molti è proprio lui, nelle scorse settimane, ad imporre ai recalcitranti capi politici dell'organizzazione la decisione di riaprire lo scontro con Israele. Unico ad aver mantenuto i rapporti con Hezbollah e Teheran, mentre i suoi comandanti abbandonavano gli alleati sciiti per schierarsi a fianco dei Fratelli Musulmani e combattere contro Assad, Deif, è oggi l'unico all'interno dell'organizzazione a poter ancora contare su degli alleati pronti a rifornirlo di armi e munizioni.

L'unico a poter gestire la guerra e il terrore.

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