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Europa immobile: litiga sulla Mogherini ma sui disastri tace

Le cancellerie si interrogano sulle capacità del ministro come eventuale rappresentante  della sicurezza Ue. E restano senza voce sulla tragedia causata dalla guerra ucraina 

Europa immobile: litiga sulla Mogherini ma sui disastri tace

L'ultima vittima del missile che ha abbattuto il Boeing malese in volo sull'Ucraina sarà probabilmente il nostro ministro degli Esteri Federica Mogherini. Già prima della tragedia molti, ai confini orientali dell'Unione, dubitavano della sua esperienza. E della sua capacità di contrapporsi a Vladimir Putin. Ora i dubbi minacciano di contagiare le poche cancellerie ancora disposte ad affidarle la poltrona di responsabile della politica estera e della sicurezza dell'Unione.
Ma i destini della Mogherini sono un granellino di polvere rispetto ai rivolgimenti che la tragedia del volo malese minaccia d'innescare. E alle difficili scelte che il nostro Paese, in qualità di presidente di turno dell'Unione Europea, dovrà affrontare. Perché una cosa è certa in questo complesso rebus politico militare ben difficilmente l'Europa e l'Italia potranno nascondere la testa nella sabbia. I motivi sono evidenti. Oltre alla localizzazione geografica di un abbattimento avvenuto nei cieli europei, oltre al sangue delle vittime in gran parte olandesi, l'Europa non potrà sottrarsi alle proprie peculiari responsabilità politiche. E non potrà far a meno di indicare vie d'uscita che portino non all'inasprimento della tensione, ma ad una soluzione negoziale rispettosa delle esigenze del Cremlino. E dovrà farlo beccheggiando tra un'America di Obama ancor più decisa a chiederci atteggiamenti ancor più netti nei confronti di Vladimir Putin e quelle esigenze politico-economiche, energetiche e commerciali che rendono impensabile una rottura con la Russia. Matteo Renzi, un premier che fino a cinque mesi fa gestiva il traffico di Piazza della Signoria, si ritrova dunque ad affrontare responsabilità capaci di far tremare i giganti della politica internazionale. Anche perché comunque vada, e qualunque sia il risultato dell'inchiesta sull'abbattimento, l'Europa non potrà ripulirsi la coscienza alzando la voce contro un Vladimir Putin «cattivo» per antonomasia. Chiunque sia il responsabile materiale di quei 298 morti presidenza e istituzioni europee non potranno più ignorare le proprie responsabilità politiche e morali.

Il conflitto dell'Ucraina, nel cui contesto è avvenuta la strage, è figlio delle scelte avventate di un'Europa che, obbedendo alle suggestioni statunitensi, ha lavorato per strappare l'Ucraina all'orbita non solo economica, ma anche politico militare di Mosca. L'Accordo di Associazione dell'Ucraina all'Unione Europea, il catalizzatore dei diktat di Putin al presidente Viktor Yanukovich e della rivolta di Piazza Maidan, non era una disinteressata proposta di aiuto, ma una trappola per topi rivolta a ridimensionare il peso geopolitico del Cremlino. In virtù della parte politica di quell'accordo, firmata poi a marzo, l'Ucraina avrebbe accettato di ospitare gli stessi missili Nato che dal 2018 stazioneranno in Polonia in funzione anti Russia. E avrebbe dovuto recedere dai trattati stipulati con a Mosca per l'uso dei porti del Mar Nero, regalando anche quelli alla Nato. Dunque se il cattivo Putin s'è ripreso la Crimea, con tutto quel che ne è conseguito, l'Europa ha responsabilità ben precise. Responsabilità che rischiano di venir al pettine proprio mentre la barra del timone è nelle mani dell'Italia di Renzi. Ignorando gli errori del passato, come pretende una Casa Bianca interessata ad allontanare Mosca da Bruxelles, l'Italia finirebbe con l'infliggere un altro duro colpo all'economia dell'euro e di fatto azzerare l'indipendenza energetica del nostro paese.

Ma Renzi dovrà diffidare anche dei condizionamenti di una Merkel che da un parte gioca alla grande potenza rimproverando a giorni alterni il leader russo, e dall'altra mantiene colossali accordi economici con la Russia (80 miliardi d'interscambio commerciale e il North Stream presieduto da Gerhard Schröder tanto per citarne due). E in questo difficilissimo semestre il nostro premier dovrà guardarsi anche dalle stilettate dell'«amico» socialista Hollande, assai meno dipendente di noi dal gas russo, e dagli affondi di un Cameron che sfrutterà l'intimo legale con Washington per tornare a influenzare Bruxelles. Trascinato nei gorghi di una delle più intricate crisi internazionali Matteo Renzi rischia, se non saprà muoversi con avveduta indipendenza di emergere da questo semestre con un brillante futuro alle spalle.

E di regalare lo stesso destino ad un Italia che sognava di risollevarsi dalla crisi.

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