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"Il mio bimbo in coma per un formaggio. Ha 30 crisi epilettiche al giorno"

Mattia Maestri è in stato vegetativo dal 2017. Al caseificio di Coredo, condannato per aver prodotto il formaggio incriminato, è stato assegnato il marchio dall'Apt Val di Non. Il papà: "Va tolto. Pronto ad azioni legali"

In foto il papà di Mattia Maestri
In foto il papà di Mattia Maestri

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"Il mio bimbo in coma per un formaggio. Ha 30 crisi epilettiche al giorno"

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"Chiedo il ritiro immediato del marchio assegnato dall’Apt val di Non al caseificio di Coredo, che è stato condannato per aver prodotto il formaggio che ha portato mio figlio in stato vegetativo". Non intende darsi per vinto Gian Battista Maestri, il papà del piccolo Mattia, il bimbo che si trova in stato vegetativo dal 2017 dopo aver mangiato un pezzo di formaggio a base di latte crudo contaminato dal batterio Escherichia Coli. "Ci stiamo muovendo sia in campo penale che amministrativo", racconta l'uomo al Corriere della Sera annunciando azioni legali.

La malattia

Mattia aveva solo quattro anni quando è stato colpito dalla sindrome emolitico uremica (Seu), una malattia che comporta la formazione di piccoli coaguli di sangue in tutto il corpo compromettendo l'efficienza del sistema cardiovascolare. "Ogni giorno mio figlio viene colpito da trenta crisi epilettiche e deve necessariamente assumere quarantasette farmaci. - spiega Gian Battista Maestri -I primi tempi, quando Mattia era ricoverato all’ospedale di Padova, mi sono dovuto trasferire con tutta la famiglia. Ci hanno insegnato a prenderci cura di nostro figlio per tenerlo in vita". Da allora il bimbo, che oggi ha 11 anni, è in stato vegetativo.

Il batterio nel latte

Il batterio Escherichia Coli si sarebbe sviluppato nel formaggio incriminato a causa delle modalità di raccolta del latte, dalle stalle fino ad arrivare al caseificio. "Il latte veniva prelevato nelle stalle tramite un tubo che portava alla cisterna del camion - chiarisce il papà del bimbo - lo stesso tubo, dopo essere stato a contatto con il letame, veniva immerso nei vasconi del caseificio". In buona sostanza, il tubo sporco di letame sarebbe stato lavato con lo stesso latte utilizzato per realizzare i prodotti caseari. Da qui la conseguente contaminazione degli stessi.

La battaglia legale

Lo scorso 9 marzo, inoltre, l’Azienda per il turismo della val di Non ha conferito il suo marchio proprio allo stesso caseificio di Coredo per la produzione di una particolare tipologia di formaggio. Un riconoscimento che Maestri definisce "irrispettoso" nei confronti del figlio, annunciando azioni legali. Le ipotesi di reato che si potrebbero profilare sono due: una di natura amministrativa per pubblicità ingannevole e l'altra penale per frode in commercio. Intanto il Concast (Consorzio dei caseifici sociali trentini) ha espresso la propria vicinanza alla famiglia del piccolo Mattia promettendo di impegnarsi in "una produzione di formaggi sempre più attenta, affinché simili tragedie non accadano più".

La campagna pubblicitaria

Nel mirino dei genitori del bimbo, che sono assistiti dagli avvocati Paolo Chiariello e Monica Cappello, c'è la strategia comunicativa di Concast "che ha sempre mirato a 'ripristinare' l’immagine commerciale del caseificio di Coredo, occultando il rischio sanitario legato ai formaggi con latte non pastorizzato". Un'indagine condotta dalla Fondazione Mach nel 2019 avrebbe evidenziato i benefici derivanti dal consumo di prodotti caseari a latte crudo. Sulla base del report sarebbe stata pianificata una campagna pubblicitaria che, secondo Mattia Maestri, non tiene conto degli eventuali rischi per la salute dei bambini e delle donne incinte. "In questi anni non ho mai chiesto risarcimenti, ma dopo l’assegnazione del marchio intendo procedere e valuterò anche la strada di una causa civile. - conclude - Non si scherza con la vita dei bambini.

Che la storia di Mattia serva per salvare tutti gli altri".

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