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Bologna, tutti a 30 all'ora. Prima multe anti-velocità (e i cittadini si ribellano)

Da ieri il limite in vigore in tutto il capoluogo emiliano Mentre «Fleximan» continua ad abbattere autovelox

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Bologna 30 ma senza lode. Ieri nel capoluogo emiliano è entrato nella seconda fase, quella sanzionatoria, il Piano particolareggiato del traffico urbano (Pptu) «Bologna Città 30», approvato il 13 giugno 2023, che prevede un unico limite di velocità in tutta la città per «ridurre i morti e gli incidenti in strada», come ha annunciato più volte negli ultimi mesi il sindaco Matteo Lepore, esponente della giunta di centrosinistra.

La rivoluzione era già iniziata il 1° luglio, ma per sei mesi e mezzo si è trattato di una fase di sensibilizzazione senza sanzioni. Ieri invece ecco le prime multe agli «over 30». Narrano le cronache che uno dei primi multati, forse il primo, sia stato pochi minuti dopo le 9 di mattina tal Sergio Baldazzi, gioielliere con il negozio in via Mazzini, che ha ricevuto un verbale di 29,40 euro in via Azzurra perché andava a 39 all’ora, oltre anche il limite di tolleranza fissato in 5 chilometri. La cifra crescerà a 42 dopo cinque giorni e 86,50 dopo sessanta giorni.

Baldazzi pagherà, anche se non volentieri, ma «io lavoro ancora non ho tempo di contestare la multa». Che cosa voglia dire con quell’«ancora» il Baldazzi non è dato sapere. Si sa invece che lui non ci sta a passare per cattivo: «È impossibile guardare la strada e il contachilometri contemporaneamente».
Baldazzi esprime il sentimento decisamente ostile della città nei confroni del Pptu. «Della Città 30 - racconta -, io ne ho parlato anche con gli amici, ne sono saltate fuori di tutti i colori».

La gestazione del piano antivelocità del sindaco è stata lunga e non priva di ostacoli. Lepore ha dovuto affrontare lo scontento dei cittadini, una raccolta di firme promossa da Fratelli d’Italia, la minaccia di un referendum proposto dalla Lega, e per blindare il provvedimento ha perfino scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lui tira dritto, convinto che Bolgna debba diventare come Tokyo, «dove anche le ambulanze vanno a 30 all’ora ma le persone non muoiono, anzi arrivano prima in ospedale». Lui ogni tanto decanta le virtù del «piano trentennale»: oltre a ridurre gli incidenti «fa aumentare gli spostamenti a piedi e in bici, riduce le emissioni di smog e gas climalteranti, rende più fluido il traffico, abbassa il rumore, rende lo spazio pubblico più bello e vivibile, restituisce autonomia a bambini, anziani, persone con disabilità, favorisce la coesione sociale e il commercio di vicinato nei quartieri». Praticamente un miracolo. Strano che nessuno ci abbia pensato prima.

La rivoluzione felsinea arriva nei giorni di Fleximan, quelli in cui una persona o una organizzazione così ribattezzata, sta facendo strage di Autovelox, segando alla base gli strumenti e abbattendoli nel Nord Italia. Fleximan agisce di notte, se ne frega delle telecamere a circuito chiuso che l’hanno talvolta ripreso, e sembra sapere molto bene dove e come colpire, ciò che l’ha reso anche un idolo dei social, dove le persone si offrono di partecipare alle spese della banda e promettono assistenza legale. Per ora Fleximan ha colpito in Veneto almeno una decina di volte, una in Piemonte e una in Lombardia secondo uno schema che sembra progressivamente avvicinarsi a Milano. Particolarmente «eroico» l’abbattimento dell'autovelox del Passo Giau, uno dei più redditizi (e odiati) dai motociclisti.

Poi la distruzione sulla Statale Asolana, poco prima di Martignana, nel Cremonese, di un dispositivo ancora non attivo e installato solo poche ore prima.

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