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'Ndrangheta, frodi Covid ed Ecobonus: il figlio del boss Morabito tra gli arrestati

Nell'ordinanza del gip di Milano il medico viene indicato come colui che "sovrintende e avalla l'organizzazione di tutte le attività illecite e le strategie imprenditoriali del sodalizio mafioso"

'Ndrangheta, frodi Covid ed Ecobonus: il figlio del boss Morabito tra gli arrestati

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C'è anche il medico Giovanni Morabito, medico di 59 anni, tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Dda di Milano nei confronti di 18 persone indagate, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, all'estorsione e al compimento di numerosi reati economico-finanziari, i cui proventi erano destinati ad agevolare le attività della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti. Giovanni è il figlio di Giuseppe Morabito, conosciuto con il nomignolo di 'u tiradrittu, storico esponente della 'ndrangheta, che dall'indagine dei pm Sara Ombra e Paola Biondolillo, risulta intrattenere "rapporti costanti, sia telefonicamente sia attraverso incontri di persona" con le famiglie delle cosche di Africo. Il gruppo guidato dal medico, a quanto emerge dall'ordinanza, si è poi avvalso della "partnership" di un funzionario (non indagato) all'epoca al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - in servizio alla Divisione Bilancio e Contabilità Bilancio e Contabilità generale della Direzione generale personale e degli affari generali del Mit - per conseguire in modo illecito i finanziamenti previsti dalle norme in tema di ecobonus. Come si legge nell'ordinanza, il sodalizio, vicino alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti, per ottenere in modo illegale i benefici previsti dalle agevolazioni fiscali si sarebbe servito delle "competenze professionali" e della loro "rete di contatti" .

L'arresto

Il medico è stato arrestato all'alba nel suo appartamento a Milano. Nell'ordinanza del gip di Milano Domenico Santoro, il 59enne viene indicato, nel capo d'accusa, come colui che "sovrintende e avalla l'organizzazione di tutte le attività illecite e le strategie imprenditoriali del sodalizio mafioso" occupandosi in prima persona di interessi illeciti "nel settore dei carburanti, dell'intermediazione e gestione dei rifiuti, sia in Lombardia che in Calabria", di appalti pubblici (intrattenendo rapporti stretti con un funzionario ministeriale ai trasporti, non indagato) oltre che "sovraintendere le riunioni con appartenenti ad altre famiglie di 'ndrangheta o ad altre organizzazioni criminali". Sarebbe un ufficio in via Vittor Pisani 10, a pochi passi dalla Stazione Centrale di Milano, il "luogo di preparazione e di realizzazione" delle presunte attività illecite di due gruppi criminali riconducibili alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti smantellati dall'inchiesta della Dda di Milano. Locali anche "di incontro e di creazione di legami con una serie di professionisti, imprenditori o anche solo prestanome, funzionali al perseguimento degli scopi del sodalizio", come si legge nell'ordinanza. Ecco una conversazione evidenziata nell'ordinanza: è il 23 giugno 2020 e si prospetta un'operazione relativa al "business dei rifiuti" che vede sedere in via Vittor Pisani "vari soggetti collegati alla 'ndrangheta". Il commento di alcuni degli indagati, si evidenzia nel provvedimento, "è efficace meglio di qualsiasi altra considerazione: 'A San Luca una concentrazione così alta di persone non ce l'avevi di persone...poi altri due, poi altri due, poi altri due. Viene la Finanza che vuole un documento, ma un documento qualunque...entra, guarda tutte ste persone e dice 'scusate mi date un attimo i documenti?' e siamo rovinati".

L'indagine

Il lavoro svolto dalla Dda di Milano è iniziato nel 2019 ed è proseguito anche nel periodo della pandemia. L'indagine, della Dia e dei carabinieri di Monza, ha coinvolto 68 persone, divise in due gruppi che, "sebbene operativamente separati per materia (da un lato il compimento dei reati economico-finanziari, dall'altro, il traffico di droga e le estorsioni)", sarebbero stati entrambi diretti - secondo i pm - dal medico calabrese, collaboratore di alcune Rsa milanesi, già condannato in via definitiva per traffico di sostanze stupefacenti e, soprattutto, figlio dello storico capo della cosca calabrese, attualmente detenuto in regime di 41-bis a seguito di condanna irrevocabile per associazione mafiosa. Il primo gruppo avrebbe creato società cartiere specializzate nell'emettere false fatture, volte a fornire una copertura all'inesistenti acquisti di beni e di servizi, all'unico scopo di realizzare, a favore di terzi, la disponibilità in nero di ingenti somme di denaro, così sottratte a ogni forma di controllo e monitoraggio.

Il sequestro

Nel corso delle attività, è stato possibile sequestrare circa 50mila euro in contanti e ricostruire la vendita di false polizze fideiussorie, formalmente emesse da uno dei più grossi gruppi bancari nazionali, a favore di imprese e ditte individuali - in un caso a favore di imprese operanti nel settore dei giochi e delle scommesse - che mai le avrebbero ottenute in quanto prive della necessaria solidità patrimoniale. A decidere come spartirsi il business dei rifiuti, secondo l'ordinanza cautelare, sarebbero state persone legate alle cosche di 'ndrangheta "Alvaro, Mancuso, Piromalli, Bellocco e, ovviamente, Morabito".

Le intercettazioni

In un'intercettazione si sente Massimiliano D'Antuono, uno degli arrestati, dire: "Noi abbiamo il gruppo di Tonino (...) se io devo mangiare sul gruppo di Tonino, devi mangiare anche te, deve mangiare anche il Benza (...) Ciccio ci porta la discarica tutti mangiamo su quello di Ciccio". La Dda aveva chiesto al gip l'applicazione di 65 misure cautelari per altrettanti indagati, tra cui 41 richieste di carcere, ma il gip ha accolto le istanze di misura cautelare per 18 persone (sette in carcere).

Non è stata riconosciuta dal giudice, neanche per Giovanni Morabito, l'accusa di associazione mafiosa, ma solo quella di associazione per delinquere con la finalità di agevolare la 'ndrangheta.

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