Cronaca giudiziaria

"Farai la fine di Sana". Ragazza pakistana rifiuta le nozze combinate

Avevano combinato il matrimonio in patria. Il tribunale di Brescia ha condannato a 5 anni i genitori di una ragazza di 24 anni, di origine pakistana

Il tribunale di Brescia ha condannato a 5 anni i genitori di una ragazza di 24 anni di origine pakistana che avrebbero voluto far sposare la figlia in patria secondo un matrimonio combinato
Il tribunale di Brescia ha condannato a 5 anni i genitori di una ragazza di 24 anni di origine pakistana che avrebbero voluto far sposare la figlia in patria secondo un matrimonio combinato

I familiari, di origine pakistana, avrebbero voluto far sposare la giovane in patria secondo un matrimonio combinato, ma nell'estate di tre anni fa, con le tre sorelle più piccole, era riuscita ad allontanarsi dalla famiglia di origine per entrare in una struttura protetta. Condannati a 5 anni e un mese per maltrattamenti i genitori e il fratello della 24enne.

Maltrattata perchè troppo occidentale

I tre avrebbero inflitto alla ragazza maltrattamenti perché non rispettava le regole legate alla cultura pakistana. Infatti, sono stati condannati per maltrattamenti e lesioni, come chiesto dall'accusa. Il tribunale di Brescia ha invece assolto i genitori dall'accusa di tentata induzione al matrimonio combinato. La ragazza aveva raccontato che i genitori le impedivano di vivere secondo le abitudini occidentali e che aveva subito violenza fisica e psicologica da parte loro.

"Farai la fine di Sana"

Mi dissero che se non avessi fatto come dicevano loro avrei fatto la fine di Sana Cheema“ ha detto in aula la vittima. I genitori volevano mandare in Pakistan lei e la sorella di 21 anni per farle sposare con un matrimonio combinato, mentre le altre due sorelle più piccole sarebbero dovute andare in un convento. Un progetto di cui i genitori parlavano alle giovani fin dall’adolescenza. “Fino al giorno del viaggio - ha detto la vittima - ho fatto finta di niente fino a quando non hanno iniziato a muoversi con i parenti in Pakistan per trovare il promesso sposo. Dicevo ai miei genitori che li avrei denunciati. Già dopo la fine del liceo avevo fatto un accesso all’associazione Casa delle donne per segnalare la situazione. Non volevo scappare per non lasciare sole le mie tre sorelle più piccole“.

Il riferimento dei genitori se la ragazza non avesse rispettato la tradizione era a Sana Cheema, giovane di origini pakistane, cittadina italiana con residenza a Brescia, uccisa in patria dai parenti proprio perché avrebbe rifiutato le nozze combinate. In quella vicenda il padre e il fratello di Sana nei mesi scorsi sono stati assolti in Pakistan, mentre a Brescia è in corso il provvedimento penale aperto dalle autorità italiane. Da quando è entrato in vigore l’articolo 558 bis del codice penale, che punisce chi organizza nozze combinate, quello celebrato sui maltrattamenti della ragazza è il primo processo in tribunale a Brescia su questa tematica chiuso con la condanna chiara dei parenti.

Ora, dopo la condanna, inizia la nuova vita in comunità protetta per la 24enne che ha scelto di ribellarsi alla tradizione.

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