Politica

«Nessun rischio uranio e amianto la protesta è soltanto ideologica»

Il direttore dell’Agenzia regionale per l’ambiente: «Quantità minime e non nella tratta del tunnel. Impossibile venirne a contatto, ma i contestatori ci impediscono di fare altre analisi»

Francesco Cramer

da Milano

«Macché rischi per la salute, la protesta è solo ideologica». Vincenzo Coccolo, direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Piemonte (Arpa), si sfoga. E abbatte uno ad uno i pregiudizi di chi non vuol neppure far partire l’Alta velocità Lione-Torino.
Direttore, ambientalisti e valsusini lanciano un allarme inquietante: all’interno del massiccio del Musinè, denunciano, c’è amianto e perforare lì sarebbe criminale.
«È una tesi che non ha alcun riscontro tecnico. Abbiamo dei dati acquisiti nel corso degli anni e una mappatura della superficie. Sappiamo che l’amianto non si trova ovunque e in modo diffuso, ma si concentra nelle faglie, nelle rotture, nei cosiddetti disturbi tettonici. E sappiamo bene dove sono le faglie. Si tratta di pochi strati sottilissimi. Certo, un’indagine approfondita è indispensabile».
Perché non la fate?
«Perché i contestatori bloccano anche quella. Nel lotto internazionale, quello gestito dalla Ltf (società che si occupa della costruzione della parte comune italo-francese del progetto Torino-Lione ndr), i sondaggi li hanno già fatti. In quello italiano no perché gli ambientalisti ce lo impediscono. Bloccano anche la possibilità di fare dei carotaggi».
Non state, quindi, sottovalutando il problema?
«Assolutamente no, anzi. Tre anni fa siamo stati noi dell’Arpa a fermare la costruzione della pista da bob, slittino e skeleton per le Olimpiadi 2006 perché nel luogo dove doveva sorgere, a Sauze d'Oulx, è stato trovato dell’asbesto, una varietà di amianto. Siamo attentissimi su questo fronte».
Tornando alla Tav, i contestatori affermano che se nelle rocce del Musinè ci fosse dell’amianto la popolazione sarebbe a rischio tumore, inalando le fibre di quella sostanza...
«Le ipotesi di patologie tumorali si basano su presupposti irreali. Oggi questi tunnel sono scavati con delle megafresatrici che impediscono l’uscita di tutto il materiale frantumato. La roccia, appena sbriciolata, viene immessa su un nastro trasportatore chiuso. Inserito in un tubo stagno. Inoltre lo scavo viene fatto ad acqua, per cui non si sollevano polveri. Il materiale stoccato, infine, viene reso inerte miscellandolo subito con del cemento, mentre l’acqua viene depurata».
Una bella rassicurazione per chi evoca scenari drammatici...
«Ma c’è di più: mentre si scava, in molti punti della galleria, vengono creati dei veri e propri muri di acqua. Una porta chiusa di pioggia che impedisce all’aria di passare da una parte all’altra».
Se non ci sono rischi perché così tante contestazioni?
«Perché è una protesta ideologica che non si basa su dei dati di fatto. Chi è contro l’Alta velocità non la racconta nel modo corretto. Inoltre, anche Stefaan De Rynck, il portavoce del commissario Ue ai trasporti Jacques Barrot, ha sottolineato che ormai esistono tecniche in grado di minimizzare ogni rischio».
Problema uranio: dicono sia presente nel massiccio dell’Ambin...
«Anche su questo tema occorre fare chiarezza. All’interno di quelle rocce ce n’è pochissimo. Dall’Agip sono stati fatti studi molto approfonditi negli anni Sessanta, quando il nucleare era una strada ancora percorribile. E quelle zone non furono mai sfruttate perché di uranio ci sono soltanto piccolissime mineralizzazioni. Inoltre, si sa che sorgono in aree che non interessano la galleria della Tav».
I contestatori però non mollano. Vede una via d’uscita?
«Non sono un politico, spetta a loro trovarla. Da parte nostra abbiamo esposto queste considerazioni anche alla delegazione dei parlamentari europei, in visita a Torino e in Val di Susa nei giorni scorsi.

Il problema è uno solo: chi protesta deve capire che, una volta finito il tunnel, ci saranno solo sei chilometri all’esterno; che questa linea sarà ad alta capacità e gran parte del traffico merci verrà trasferito su rotaia, abbattendo così il livello di inquinamento; che la linea ferroviaria attuale diventerebbe una linea metropolitana per la valle».

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