Nuove frontiere

"La scienza è servizio e per affrontare i dilemmi del futuro ha bisogno dell’etica"

Il padre della nanomedicina Mauro Ferrari: "Le tecnologie entrano nella pratica. Poi..."

"La scienza è servizio e per affrontare i dilemmi del futuro ha bisogno dell’etica"

Mauro Ferrari è un pioniere delle nanotecnologie, e da decenni porta avanti, su questo terreno, la lotta al cancro: dopo aver lavorato a lungo all'Houston Methodist Research Institute, oggi è professore all'Università di Washington e presidente di BrYet Us. Delle sfide etiche che riguardano la scienza e la tecnologia sempre più avanzate, come la nanomedicina, ha parlato da poco al convegno della Pontificia accademia per la vita, di cui è membro: perché, come spiega anche nel suo libro Infinitamente piccolo, infinitamente grande (Mondadori), la scienza per lui è "servizio" e "fare ricerca è come pregare".

Quali sfide ci attendono?

"Le categorie dell'analisi bioetica - beneficenza, non maleficenza, giustizia e autonomia - sono ancora sufficienti, però cambiano i pesi delle componenti. L'autonomia è più importante, per via della condivisione dei dati: con le tecnologie di Big data si possono fare entrare in algoritmi che poi, per esempio, dicono chi possa avere certi servizi sanitari, e chi no...".

Come si fa?

"C'è una evoluzione del giuramento di Ippocrate, che diceva di un rapporto sacro fra operatore sanitario e paziente; ora, invece, questo rapporto è mediato da enti societari e lo sarà sempre di più, per via dei dati accumulati. La domanda non è più che cosa sia il bene per l'individuo, bensì per la comunità".

Per esempio?

"Se devo investire dei soldi per un farmaco, lo faccio per una persona di 90 anni, per un disabile grave o per un quarantenne?".

Lei che dice?

"Sia chiaro: per me il rapporto resta sacro, ed è fra l'operatore sanitario come persona e il paziente come persona. Per me la vita è sacra e non c'è livello sotto cui si perdano i diritti della vita. Faccio scienza per dare una mano a chi ha bisogno. Però dobbiamo essere consapevoli di quello che sta succedendo".

C'è chi si fa impiantare elettrodi o "potenziamenti", come i cyborg.

"C'è la possibilità di creare superpersone. Tutte le tecnologie entrano nella pratica attraverso casi il cui uso è giustificato, per esempio, per far sopravvivere una persona; ma poi...".

Poi?

"Per esempio, noi abbiamo vinto un concorso della Nasa, grazie a una ghiandola artificiale che rilascia un farmaco contro la perdita di massa ossea e muscolare. Se lo usi per i viaggi spaziali, benissimo. Fantastico se torniamo sulla Terra e l'usiamo per la nonna con l'osteoporosi, o il malato terminale. Ma poi che facciamo con lo sportivo? O se lo dessimo ai bambini, così diventano tutti alti e forti? O si pensi a Neuralink, che punta a connettere il cervello umano e il computer: e se qualcuno vorrà farci impiantare un TikTok nel cervello, perché è così funzionale alla società? Avremo un mondo di tiktoker controllati...".

E la vita? La scienza che cosa dice?

"C'è chi pensa che la vita cominci quando un bambino esce dalla pancia della madre; ma, se non fai ideologia camuffata da scienza, come ai giorni del Covid, sai che queste ideologie sono smentite dalla scienza stessa. E c'è un altro problema per il futuro".

Quale?

"L'accesso. Nel mondo le disuguaglianze peggiorano in molti modi, e uno è basato sull'accesso alle possibilità della scienza. Internet ha cambiato il mondo, ma un miliardo di persone non ha ancora l'energia elettrica: non ha opportunità, e l'abisso diventerà incolmabile".

Che cosa si può fare?

"Abbiamo bisogno di una coscienza civile alla guida di questi processi, nell'individuale e nel collettivo.

Dobbiamo rimettere l'etica alla base di tutto".

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