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Ora per Marchionne è già tempo di giocare le altre partite aperte

Da Opel all’ipotesi Peugeot, fino ai rapporti con indiani e turchi: la mappa delle possibili alleanze

Ora per Marchionne  è già tempo di giocare le altre partite aperte

E ora a chi tocca? E poi: quali cambiamenti ci saranno a Torino? Conoscendo bene l’abitudine di Sergio Marchionne di ragionare, decidere e agire «con la velocità della luce», non passerà molto tempo dal prossimo annuncio. Anzi, qualcosa si starebbe già muovendo dalla parte del mondo opposta a quella dove ieri erano puntati tutti i riflettori. In Cina, anello debole nella catena di alleanze del gruppo automobilistico torinese, Fiat sarebbe a un passo dal chiudere una joint venture con il partner Guangzhou. Resta da vedere, adesso, come evolveranno i rapporti, piuttosto turbolenti e tuttora «congelati», con il colosso Chery. Con Guangzhou, Fiat punterebbe la collaborazione sulla ricerca e lo sviluppo di city-car in Cina. Ma è in Europa che si attende il prossimo scacco matto di Marchionne.
Nel mirino, è risaputo, c’è Opel, insieme alle attività sudamericane della disastrata General Motors. La partita si preannuncia difficile: Fiat, infatti, non dovrà fare i conti solo con un contendente del calibro di Magna, gruppo austro-canadese che produce modelli per conto terzi, tra l’altro in cordata con la russa Gaz e il miliardario Oleg Deripaska, ma anche con chi rema contro a un’intesa con l’Italia, come i sindacati e il governo tedesco. C’è da dire, però, che Marchionne non è ancora sceso pesantemente in campo su Opel, a parte la dura replica alle critiche dell’eurocommissario Günter Verheugen.
L’amministratore delegato del Lingotto ha fissato in 5,5-6 milioni di unità il limite fisiologico in grado di permettere a un costruttore di auto di continuare a operare. Insieme a Chrysler e Opel, l’obiettivo sarebbe addirittura superato. E se Marchionne mancasse la presa sui tedeschi? Potrebbe tornare di attualità l’ipotesi Peugeot, nel cui gruppo è in corso un acceso dibattito su quale strada seguire: se restare indipendenti, come più volte sottolineato dai membri di peso della famiglia francese, o guardare a nuovi orizzonti, come altri vorrebbero. Nel frattempo è «saltato» il vertice operativo del gruppo: Christian Streiff è stato infatti sostituito da Philippe Varin.
Ma ci sono altri fronti aperti in Europa, quello con Bmw, per esempio, che potrebbe tornare a scaldarsi proprio grazie alla definizione dell’alleanza di Fiat con Chrysler. I bavaresi, in proposito, potrebbero approfittare dell’accordo per rafforzare la loro presenza negli Stati Uniti e, perché no?, anche in un mercato importante come quello sudamericano, attento anche all’offerta premium.
Nei giorni scorsi l’azionista di Fiat, John Elkann, presidente della holding Exor, si era soffermato sui rapporti tra la famiglia Agnelli e le altre dinastie dell’auto. E tra quelle con cui il nipote di Gianni Agnelli parla di più, figurano i Peugeot, i Koç (turchi) e i Tata (indiani); le prime due, in particolare, sono legate a Torino, grazie alle cooperazioni in corso, da tempo. Con Tata e Koç (la joint venture con Fiat si chiama Tofas), il gruppo italiano è impegnato ad allargare il proprio business nei Paesi emergenti.
Resta da vedere come Marchionne, prossimo ad assumere l’incarico di amministratore delegato anche della nuova Chrysler, riuscirà a dividersi tra Torino, Auburn Hills (Michigan) e gli altri mille impegni all’interno del gruppo, senza contare i numerosi incarichi esterni (Ubs, Sgs, eccetera). L’approccio del top manager alla nuova realtà, anche se c’è chi non esclude la nomina di un direttore generale dell’Auto, non dovrebbe cambiare: come già fatto per Fiat Auto e Cnh, le due divisioni del gruppo su cui si è concentrato di più nella fase di risanamento del Lingotto, Marchionne trascorrerà almeno una settimana al mese negli Stati Uniti, fissando di volta in volta i meeting nelle varie fabbriche. Con il trascorrere dei mesi, se il progetto Usa seguirà il corso previsto, Marchionne ridurrà gradualmente le trasferte Oltreoceano, facendo però in modo che per il team di manager l’asticella sia sempre alta.

Per Chrysler e il suo nuovo management sarà una sorta di stress test.

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